mercoledì 30 aprile 2008

La sinistra nel Paese delle meraviglie

di Gianni Baget Bozzo

Le elezioni del 13 e 14 aprile hanno cambiato il quadro politico. Esse non hanno indicato solo un fatto, ma una tendenza, che potrebbe continuare nelle elezioni successive, specie nelle grandi città. Non a caso Cofferati, Chiamparino, Cacciari e Penati, avevano segnalato lo spostamento a destra dell'asse elettorale del nord. Ma lo spostamento non è avvenuto soltanto al nord, ma anche a Roma e in Sicilia, ed oggi l'alleanza di Berlusconi governa i tre centri fondamentali del potere politico in Italia: Milano, Roma e Palermo. Nei tempi delle vacche grasse emergono gli intellettuali e i discorsi complicati; la sinistra è più brava a gestire l'accademia. Ma quanto prevalgono i bisogni primari (la sicurezza, la casa, l'immigrazione, il caro vita), prevale la destra perché ritenuta più capace di governare la realtà. I bisogni primari in Italia prevalgono e quindi è l'ora della destra.Siamo la qualità politica contro il populismo becero: questo è il modo con cui diessini e margheriti hanno affrontato Berlusconi e Bossi, lieti che i loro discorsi filassero come vele al vento sulle pagine dei quotidiani, delle riviste, delle televisioni. Il Pd si illudeva che controllare l'opinione pubblica con i mezzi di comunicazione sociale fosse la via per influenzare l'elettore ed ottenerne il consenso: votate a sinistra per essere moderni, efficienti, qualificati. La democrazia è una grande cosa, perché il voto dell'operaio e della casalinga contano quanto il voto dell'intellettuale: una categoria che in Italia ottiene il privilegio di essere creduta sapiente. Ma quando la voce della realtà si fa sentire più forte, anche l'esigenza di essere moderni, seguendo la Repubblica e il Corriere, cede di fronte al bisogno di essere vivi. La cultura a sinistra, il popolo a destra. I giornali insegnano, gli elettori votano. La sinistra ha pensato di conquistare con la cultura un popolo, dicendo che solo la cultura di sinistra rende legittimi, moderni, efficaci, operanti; che essa dona qualità della vita. Leggi un quotidiano di sinistra, diventi anche tu, nel tuo piccolo, un intellettuale e puoi dire parole sapienti e controllate al tuo vicino di casa. Ma quando accadono gli scippi davanti a casa tua, quando non quadra il bilancio, quando l'immigrato si sente il padrone perché il partito intellettuale ti impone di considerarlo tale, allora scatta un riflesso di dignità. E l'italianità, la cittadinanza divengono prevalenti nel cuore e nel voto.
Il 13 e 14 aprile il popolo italiano si è rivoltato contro il partito degli intellettuali, contro Scalfari, contro la Spinelli, i maestri dello sdegno contro il popolo, i sapienti che guardano i «puzzoni» e annunciano a loro un triste destino. Il Partito democratico e Bertinotti hanno affrontato le elezioni come un dibattito sulle loro idee, sulla loro qualità politica, sul loro livello intellettuale. Bertinotti è stato il più bravo perché è il più grande maestro di retorica politica che ci sia in Italia, capace di creare quel mix di ideologia e di realismo, di anticapitalismo e di governo che danno ai suoi militanti e ai suoi elettori la gioia nel cuore e il potere nella realtà. Senza Bertinotti, non ci sarebbe stato né l'Ulivo-Unione, né il Partito democratico. Mago della parola, il grande pifferaio ha condotto la sinistra arcobaleno al puro annientamento, a non sedere più in Parlamento. Il Partito democratico ha cercato anch'esso di avere un pifferaio magico e l'ha trovato in Veltroni: ma cosa esprimeva Veltroni se non «un nulla d'oro rilegato in argento»? E il partito intellettuale lo filava, i giornali sostenevano colui che, con un colpo di bacchetta magica, aveva fatto sparire sia i partiti fondatori del Pd sia gli «antagonisti». Giannelli sul Corriere raffigura Berlusconi con la bacchetta magica, vestito come un fattucchiere; dopo questa gragnuola elettorale, tutto si può attribuire a Berlusconi salvo l’incapacità di incontrare la realtà degli elettori e i loro sentimenti. Giannelli dovrebbe attribuire la bacchetta magica a Veltroni che ha creato un'illusione, un sogno. Ed ora si trova di fronte i corpi esclusi, poderosi, quello di Fioroni e quello di Bersani, il cuore della Dc e il cuore del Pci come capaci di popolo: ma con quale linguaggio? E la storia continua, è cambiato l'asse politico del Paese, da sinistra è andato a destra. I giornalisti avranno più problemi con questo scivolamento della realtà (su cui credevano di aver già pensato tutto e detto tutto) che con la censura di Beppe Grillo e il suo referendum. Grillo fa parte della magia, ma lo spostamento a destra dell'asse politico italiano lascia i giornalisti senza parole, indecisi su quanti periodi debbano scrivere per giungere a scoprire Alemanno, quando si erano deliziati di Veltroni e di Rutelli.

martedì 29 aprile 2008

Per capire meglio il fenomeno Grillo. Emanuele

Beppe Grillo è libero o controllato?
Marcello Pamio – 24 dicembre 2007

Il ragioniere genovese Giuseppe Piero Grillo, conosciuto come Beppe Grillo è stato scoperto da Pippo Baudo al cabaret milanese “Il Bullone” alla fine degli anni ‘70. Dopo aver amato e odiato la televisione, il computer e internet (lo ricordiamo nello spettacolo “Time Out” dove ha iniziato con la distruzione rituale di due computer), nel 2005 apre il suo blog (oltre 500mila accessi giornalieri che lo fa diventare uno dei siti più visitati al mondo) e subito vince il premio WWW messo in palio dal giornale di Confindustria - il quotidiano dei Poteri forti italiani - “Il Sole 24 Ore”!Da allora il blog ha continuato a crescere e oggi, tradotto anche in inglese e giapponese, è diventato fonte biblica di informazioni per milioni di persone. Fin qui nulla di strano. La cosa che invece è interessante riguarda il suo editore!

L’editore di Grillo L’editore di Beppe Grillo oggi è la Società Casaleggio Associati di Milano. Nella prefazione del libro del 2004 “Web Ergo Sum” scritto da uno dei fondatori della Società, Gianroberto Casaleggio (che ha dato anche il nome alla ditta), Beppe Grillo spiega come ha incontrato quello che diventerà il suo editore di fiducia! Grillo scrive testualmente: «lo incontrai per la prima volta a Livorno, una sera di aprile, durante il mio spettacolo Black Out. Venne in camerino e cominciò a parlarmi di Rete. Di come potesse cambiare il mondo. (…) Pensai che fosse un genio del male o una sorta di San Francesco (...) Ebbi, lo confesso, un attimo di esitazione. Strinsi gli occhi. Casaleggio ne approfittò. Mi parlò allora, per spiegarsi meglio, di Calimero il pulcino nero, Gurdjieff (il famoso mago nero, uno dei maestri del cantautore Franco Battiato, ndA), Giorgio Gaber, Galileo Galilei, Anna di York, Kipling, Jacques Carelman (…) Tutto fu chiaro, era un pazzo. Pazzo di una pazzia nuova, in cui ogni cosa cambia in meglio grazie alla Rete. (…) Ce n'è abbastanza per rinchiuderlo. E' un individuo oggettivamente pericoloso e socialmente utile»

Gianroberto Casaleggio (interessato a Gurdjieff!) è riuscito dove tutti avevano fallito: convertire Grillo a internet! Da quell’incontro infatti è nato non solo il blog di Beppe Grillo, ma anche tutti i libri e dvd, come pure e le organizzazioni dei Meet-up! In soldoni l’immagine mediatica (a 360 gradi) di Grillo viene gestita e controllata dagli esperti della società milanese. Addirittura Gianroberto sarebbe diventato il consigliere numero uno di Grillo, a tal punto che secondo indiscrezioni, è sua l’idea del V-Day! Quello che ha sparso nel mondo il verbo o virus del V-Day convincendo, attraverso il suo comico portavoce, centinaia di miglia di persone in Italia. “Uomo (Gianroberto) sulle orme del Parsifal dichiara di voler ricercare la vera natura degli uomini”. E così, ad esempio, per le riunioni da sempre ama immergere il gruppo dirigente nel mondo cavalleresco e spirituale della leggenda di Camelot (alla scoperta di quei luoghi ha persino trascorso una vacanza). Usa una tavola rotonda attorno alla quale fa sedere i suoi manager per «parlare liberamente». Sua è anche la gestione del sito web dell’amicone di Grillo, il Ministro per le Infrastrutture Antonio Di Pietro. E’ arrivato il momento di vedere chi sono questi associati, e soprattutto di cosa si occupano.

La Casaleggio Associati La Casaleggio Associati, nasce il 22 gennaio a Milano nei pressi della casa di Alessandro Manzoni, da cinque persone (Enrico Sassoon, Gianroberto Casaleggio, Luca Eleuteri, Davide Casaleggio e Mario Bucchich).
La “mission” ufficiale dell’azienda è «di sviluppare consulenza strategica di Rete per le aziende e di realizzare Rapporti sull’economia digitale»
L’Affare Webegg Spa Per capire il quadro generale, rimanendo però sempre collegati con la Casaleggio Associati , è necessario conoscere la Webegg Spa : un gruppo multidisciplinare per la consulenza delle aziende in Rete, controllata per il 59,8 % da I.T. Telecom Spa (controllata a sua volta al 100% da Telecom Italia. Ci interessa molto perché:

- Gianroberto Casaleggio è stato Amministratore Delegato e Direttore Generale della Webegg. - Luca Eleuteri (socio Casaleggio) tra il 2000 e il 2003 lavorava nella Direzione Generale di Webegg. - Mario Cucchich, fino al settembre 2003 è stato Responsabile Comunicazione e Immagine del Gruppo Webegg. - Enrico Sasoon entra il 15 gennaio 2001 nel Consiglio di amministrazione di Webegg - Maurizio Benzi, Marketing di Webegg e stranamente, organizzatore dei Meet-up di Grillo a Milano

Su cinque soci della Casaleggio, ben quattro lavoravano per la Webegg Spa con incarichi molto prestigiosi e importanti! E poi cos’è successo? Tra giugno e agosto 2004, la IT Telecom Spa sigla un accordo con Value Partner Spa per la cessione del pacchetto azionario detenuto in Webegg Spa, pari al 69,8% del suo capitale, al prezzo di 43 milioni di euro, il restante 30,2% è posseduta da Finsiel (79,5% Telecom Italia). Value Partners è la più grande società di consulenza strategica di origine italiana! Nel gennaio 2004 quindi dopo pochi mesi, come è stato detto, i cinque fondano a Milano la Casaleggio Associati. Questo dato è molto interessante perché risulta che gli attuali editori di Beppe Grillo hanno lavorato fino a pochi anni fa, all’interno di una società della Telecom Italia, la stessa soggetto di attacchi (certamente giusti) da parte del comico genovese.

L’affare Telecom Beppe Grillo sta portando avanti da anni una campagna per “prendersi” (lui, gli editori o qualcun altro?) la Telecom Italia! Tale strategia è attuabile se tutti o una buona parte degli azionisti privati delegassero Grillo all’assemblea generale della società. Ecco perché dal blog ha chiesto ufficialmente una “shareaction” (“fatemi godere” dice nel suo appello): «inviatemi le vostre manifestazioni di interesse attraverso il form del modulo di adesione per consentirmi di valutare la fattibilità del progetto e tentarne la realizzazione».«Fatemi godere. Rifatevi delle umiliazioni subite in questi anni come utenti e come azionisti. Il cda licenziato dai veri azionisti attraverso un comico. Una cosa mai vista al mondo. (…) Ragazze e ragazzi, dateci dentro. Aderite, aderite, aderite»

Certamente è ”una cosa mai vista al mondo”, ma la domanda che sorge spontanea è: una volta attuato questo progetto, se mai si realizzerà, chi potrà garantire la sicurezza della ditta più importante in Italia? Beppe Grillo, Gianroberto Casaleggio o la Casaleggio Associati stessa? Ricordiamo che si tratta della società che ha il potere di ascoltare (esattamente quello che è successo allo stesso Grillo, che per ben 4 anni, è stato ascoltato e registrato…) tutte le telefonate, leggere tutti i fax e le e-mail sul suolo italiano… Per qualche miscredente, potrebbe sembrare una manovra occulta per entrare in possesso proprio di questa importantissima azienda...ed è proprio quello che sta accadendo! Staremo a vedere, anche se ad oggi sono decine di migliaia le persone che in buona fede, si sono affidate al nuovo "guru delle telecomunicazioni" (futuro amministratore delegato?).

Prometeus: il futuro dei media Torniamo alla Casaleggio Associati perché nel loro sito ufficiale (http://www.casaleggio.it/) è pubblicato nella home page un video molto indicativo e allo stesso tempo inquietante: “PROMETEUS: IL FUTURO DEI MEDIA”
(www.casaleggioassociati.it/thefutureofmedia). Video da non perdere assolutamente! Si tratta della visione futurista che i soci fondatori della Casaleggio hanno a livello di Media.

Il video inizia dicendo: «L’Uomo è Dio, è ovunque, è chiunque, conosce ogni cosa. Questo è il nuovo mondo di Prometeus. Tutto è iniziato con la Rivoluzione dei media con Internet alla fine del secolo scorso…» La visione continua con: « la Rete include e unifica tutto il contenuto: Google compra Microsoft, Amazon compra Yahoo! diventando così i leader mondiali dell’informazione assieme a BBC, CNN e CCTV… La pubblicità è scelta dai creatori di contenuti, dagli stessi autori e diventa informazione, confronto, esperienza. Nel 2020 Lawrence Lessing, l’autore di “Cultura Libera” diventa Ministro della Giustizia degli Stati Uniti e dichiara il copyright illegale. Dispositivi che replicano i cinque sensi sono ormai disponibili nei mondi virtuali. La realtà può essere replicata in Second Life. Chiunque ha un Agav (agente-avatar) che cerca informazioni, persone, luoghi nei mondi virtuali. Nel 2022 Google lancia Prometeus l’interfaccia standard degli Agav. Amazon crea Place, un’azienda che replica la realtà. Puoi andare su Marte, alla battaglia di Waterloo, al SuperBowl di persona. E’ reale! Nel 2027 Second Life si evolve il Spirit. Le persone diventano chi desiderano e condividono la memoria, le esperienze, le sensazioni. La vendita di memoria diventa una normale attività commerciale. Nel 2050 Prometeus compra Place e Spirit. La vita è virtuale è il mercato più grande del Pianeta. Prometeus finanzia tutte le missioni spaziali alla ricerca di nuovi mondi per i propri clienti, gli avatar terrestri»


Il video della Casaleggio Associati termina con una immagine massonica: il triangolo con l’occhio dentro, fiammeggiante!

Non male come visione, vero? Un futuro illuminato (non si sa bene da che luce…), dove la vita diventa virtuale, dove si commercializza la memoria, le esperienze e le sensazioni. Ognuno avrà un avatar, un personaggio inventato, e potrà fare ciò vuole, anche quello che non potrebbe fare nella realtà… In pratica la nostra Vita verrà letteralmente svuotata di significato e “copiata” o “replicata” su internet. Lo scopo è quello di non si fare più esperienza (cioè conoscenza e quindi coscienza) sul pianeta Terra, ma su un “pianeta” che non esiste, formato da bit e byte: internet! Che tipo di coscienza sarà mai quella di un mondo virtuale? Non è che ci stanno indottrinando e preparando invece a vendere la nostra anima?

Nel video della Casaleggio Associati si pubblicizza Second Life (Seconda Vita), “un mondo virtuale in 3D aperto a tutti i maggiorenni dove ogni evento della vita può essere riprodotto” [10]. Second life è ciò che tecnicamente viene definito un M.M.O.R.P.G. ovvero un Massive Multiplayer Role Playing Game (Un Videogioco di Ruolo destinato alla Massa): immaginate un videogioco in cui possano partecipare contemporaneamente centinaia di migliaia di giocatori (se non milioni) collegati in rete, ognuno con il proprio personaggio (avatar), con un proprio conto corrente e varie proprietà mobili ed immobili. Esso è stato creato dalla Linden Lab, reso disponibile in rete nel 2003, oggi può contare quasi 8 milioni di utenti nel mondo (dato di luglio 2007
Poco si sa su questa strana piattaforma, ma nei media si sono già iniziati a denunciare episodi alquanto sgradevoli accaduti all’interno di questo “mondo secondario”, anche se la vera natura estremamente deviante non viene adeguatamente sottolineata! E’ un mondo estremamente deleterio e pericoloso per la psiche umana. Casualmente sia Beppe Grillo (con tanto di avatar) che Antonio di Pietro hanno il loro sito proprio in Second Life...

“Dio è ovunque, è chiunque e conosce ogni cosa”, proprio come l’occhio onniveggente della massoneria (il simbolo stampato sul dollaro statunitense), usato dai creativi della Casaleggio alla fine del video. A proposito di luce, cerchiamo di capire come mai hanno usato un nome così particolare per tale progetto: Prometeus! Certamente deriva da Prometeo, figlio di Giapete e Climene, che ha sottratto il fuoco (simbolo della luce) agli Dei per riportarlo agli uomini sulla terra (dottrina della gnosi). Secondo l’occultista russa Helena Petrovna Blavatsky, sotto un altro aspetto, l’allegoria del fuoco (visto come luce iniziatica, ndA) può essere letta come un'altra versione della ribellione dell’orgoglioso Lucifero (dal latino LUCIFERUS, composto da “LUC-EM” = luce, e tema “FER-RE” = portare, cioè PORTATORE DI LUCE, ndA), precipitato nell’Abisso senza fondo. La maledizione di Zeus a Prometeo è lo stesso che la maledizione di Dio a Satana! Quindi secondo la maga (indubbiamente nera) Blavatsky, il fuoco o luce portato sulla terra da Prometeo è l’allegoria del fuoco o luce porta sulla terra da Lucifero!

Ecco spiegato perché il logo della Prometeus è rappresentato graficamente da una fiamma (luce) che parte dalla lettera O maiuscola, quindi dal Cerchio chiuso (molto usato anche dai circoli satanici per i loro rituali). Sicuramente la motivazione che ha spinto la Casaleggio a scegliere un nome e logo simili sarà un'altra, magari meno esoterica, però la strana coincidenza (per chi ci crede ovviamente) è interessante!
Partnership con Enamics Nel 2004 la Casaleggio annuncia la partnership con Enamics, una società statunitense fondata nel 1999, leader del Business Technology Management (BTM). La Enamics ha come “clienti” potentissime corporation del calibro di: Pepsico, JP Morgan, Northrop Grumman, US Department of Tresury (Dipartimento del Tesoro USA), BNP Paribas, American Financial Group, ecc. Tra queste, quella che più c’interessa è la banca d’affari JP Morgan, perché rientra nell’impero dei Rockefeller, una delle famiglie che controllano il mondo!

Davanti al Centro Rockefeller di New York si staglia - casualmente - una statua gigante di Prometeo voluta proprio dal magnate in persona! Anche i Rockefeller, come i Casaleggio (chiedo venia per la comparazione), pertanto “adorano” l’arte simbolica del Prometeo! Fondatore della BTM Corporation è un certo Faisal Hoque, autore di numerosi best seller ed ex dirigente anziano della General Electric (anch’essa del gruppo Rockefeller) e di altre multinazionali! I partner della BTM tecnology sono “IBM Tivoli” di New York e “Future Considerations” di Londra. Questa ultima ha come clienti privati: Coca Cola, Barclaycard, Addax Petroleum, KPMG LLP, ecc. Nel settore pubblico invece: Carbon Trust, UNIDO (United Nations Industrial Development Organisation), London Pension Fund Authority (LFPA) ecc.

E’ molto indicativo venire a conoscenza che l’editore di Beppe Grillo (nonostante le giustissime campagne contro l’inquinamento ambientale, le energie alternative, i biocarburanti, l’idrogeno, ecc.) abbia tra i partner proprio quella banca (JP Morgan), che ha interessi economici enormi in ogni dove, e soprattutto nel comparto bancario, energetico e/o petrolifero!

Che fine ha fatto il Signoraggio monetario?
Al Beppone nazionale va il merito di essere stato il primo a denunciare la truffa del Signoraggio monetario (nel tour “Apocalisse Morbida” del 1998) e la natura privatistica della Banca d’Italia. In quello spettacolo ha sparato a zero sui banchieri (Fazio, Duisemberg, ecc.), definiti i cavalieri dell’Apocalisse, che controllano le economie planetarie, sottolineando più volte come questi signori “stampano le banconote e le prestano”. Avete capito bene: stampano denaro e lo prestano ai governi! Per non parlare del debito pubblico. Dice infatti Grillo: “e il debito? A chi li dobbiamo due milioni e mezzo di miliardi di lire?”

Nonostante questo, da un po’ di anni Grillo si rifiuta, o gli è stato consigliato di non parlarne, di Signoraggio e dei banchieri durante i suoi spettacoli, perché? Una spiegazione la fornisce il dottor Antonio Miclavez in una recente intervista video: «ne ho parlato (si riferisce a Grillo, ndA) circa sei mesi fa e mi ha detto: “sì è molto bello, ma questo per la gente è troppo. Se è troppo poi la gente si spaventa e non lo capisce perché è troppo!”. Uguale Milena Gabanelli (Report su Rai3, ndA)» Tralasciamo la Gabanelli per ovvi motivi, ma perché Grillo che nel 1998 sparava a zero sul Signoraggio, sulla truffa del debito pubblico e sui banchieri, oggi non dice nulla e si limita ad attaccare i politici: semplici camerieri del potere economico? Cosa è successo nel frattempo? Ha ricevuto pressioni e/o ricatti? Oppure ha cambiato idea? Nessuno lo sa ad eccezione della sua coscienza!

A cosa servono il V-day, il Mastella-day, la petizione per la Forleo o De Magistris, o quella contro Gentiloni, se il vero e unico problema è la gestione massomafiosa della emissione monetaria che rende interi paesi schiavi del sistema economico, sotto la pressione di un debito inesistente? Forse serve per dirottare le masse e deviarle verso lidi estremamente funzionali per il Sistema che ci controlla? Qual è il senso di scatenarsi per un parlamento pulito (contro i politici pregiudicati), movimentare le masse per assurde liste civiche, quando i controllori della politica sono e rimangono i grandi banchieri internazionali? Quando coloro che emettono la moneta hanno il Potere di far fare le leggi ai burattini in Parlamento, a cosa serve prendersela con la manovalanza? Forse per evitare di tirare in ballo i veri manovratori occulti?

Come disse il giornalista Paolo Barnard in una lettera intitolata “Considerazioni sul V-day”: «I nostri personaggi (…) di fatto svuotano l’Io dei loro seguaci impedendogli di divenire singole entità autonome e potenti, rendendoli (rendendoci) un esercito di anime incapaci, dunque minando la Società Civile organizzata e la speranza che essa rappresenta» Di persone svuotate del proprio Io ce ne sono già abbastanza. E’ necessario partire da noi stessi, senza delegare il politico, il Grillo, il Travaglio, la Forleo o la Guzzanti di turno: solo così saremo padroni della nostra vita e potremo conquistare, o meglio, tirare fuori la nostra vera e unica individualità, cioè l’essenza spirituale. Se non ritorniamo in possesso della nostra autentica natura, il Potere continuerà a fare sonni tranquilli. «Credete veramente - continua Paolo Barnard - che il Potere sia così sciocco e impreparato da poter essere, non dico sconfitto, ma anche solo disturbato da questo sgangherato esercito alla deriva?
Al Potere, le iniziative di Grillo (inconsapevolmente ci auguriamo tutti) - portate avanti grazie alla consulenza di aziende specializzate - fanno estremamente comodo, perché il vero e unico problema che ha il Potere è il risveglio della coscienza delle Individualità. Persone libere di pensare, sentire e agire, indipendentemente dagli insegnamenti e dalle dottrine di un qualsiasi messia o maestro di vita, sono veramente pericolose! Concludo nella speranza che non siano vere le affermazioni di Dino Risi (che ha diretto Grillo nel film “Scemo di guerra”) al Corsera, perché secondo il regista, Grillo è più attore adesso che quando girava film. Non crede affatto a ciò che dice e scrive quotidianamente nel blog! Speriamo che si sbagli…Come pure mi auguro che Beppe Grillo dia un segnale di assoluta buona fede riprendendo a parlare, sia nel blog che durante gli spettacoli, di Signoraggio, Poteri forti bancari, Sovranità monetaria, OGM, ecc.

venerdì 25 aprile 2008

Tsunami in Campidoglio

di Gianni Baget Bozzo - tratto da Il Giornale del 23 aprile 2008

L'imponenza dello tsunami che ha sconvolto la politica italiana appare ora nelle elezioni romane per la scelta del nuovo sindaco. Il Campidoglio era stato il centro della grande intesa tra la Roma cattolica e la Roma laica; Rutelli era persino diventato cattolico con una conversione quanto mai opportuna, ma che lascia sempre il sospetto che Roma sia ben valsa una messa. Raramente le conversioni sono politicamente utili, salvo appunto quella di Enrico IV di Borbone, che così acquistò per la sua dinastia il Regno di Francia.
Veltroni aveva fatto un'altra scelta: la conversione non era credibile e un comunista divenuto cattolico avrebbe perso la sua base rossa. Bisognava convertire il Campidoglio al cattolicesimo nella forma del buonismo, cioè del concetto che «io sono l'altro» e debbo quindi continuamente alterarmi e alienarmi per raggiungere l'altro. Sembra strano, ma i dossettiani sostengono che lo scopo del cattolico è quello di negare la propria identità e divenire l'altro da sé. Il buonismo è questo: accogliere gli altri perché altri, dimenticando la propria identità. Il veltronismo consiste in una accoglienza universale indipendentemente dai diritti e dai desideri dei cittadini, con lo scopo di legittimarsi in nome di un principio e fare così di Roma, un'altra volta, una «città aperta»: questa volta, aperta a tutti gli immigrati.
Ora il buonismo è scoppiato in mano al suo autore e i frammenti sono ricaduti sul candidato Rutelli, che si trova di fronte a un altro rom che stupra e tenta di uccidere proprio poco prima delle elezioni. Di fronte al fatto, Rutelli fa un po' meno di Veltroni, che, nell'occasione del delitto Reggiani, pensò addirittura ad un'espulsione di massa dei romeni, finendo nella censura da parte della magistratura, dell'Unione Europea, della Romania e della sinistra antagonista. Rutelli si limita a convocare una Commissione composta da generali di ogni arma per dire che egli è per la sicurezza al massimo, senza sconti. Ma cambiare politica di fronte alle elezioni non porta bene: scontenta la sinistra (anche se questa sarebbe disposta a fare carte false per eliminare Alemanno - ma infine ha una storia da salvare) e non attira il centro e la destra.
L'idillio tra Campidoglio e Vaticano è finito a causa della violenza che il buonismo ha introdotto nella città e che è stato pagato con il sangue delle vittime. Credo che anche il Vaticano ci penserà ad avere rapporti con questo Campidoglio. E penso che anche il mondo cattolico romano più attento alla sinistra capisca che con il povero Rutelli non c'è niente da fare. Caso mai vincesse, vincerebbero i generali divenuti custodi dell'ordine: una soluzione non attraente né per il mondo cattolico né per la sinistra. Cade quindi la storia del filo diretto tra Campidoglio e Vaticano su cui Bettini ha costruito la fortuna di Veltroni. Anche se Rutelli vincesse, il che mi sembra impossibile, sarebbe ormai un corpo senza messaggi, un vuoto puro.
Ma c'è anche una vicenda comica come in tutti i drammi: c'è lo tsunami in piccolo che riguarda l'Udc. Ricordiamo ancora i giorni in cui Avvenire lanciava il profilo di Casini come un profilo cattolico in politica. Ci vuole una bella fantasia per fare di Casini il politico esemplare per i cattolici; ma ormai tutto è finito, perché lo tsunami ha distrutto Pier Ferdinando. Poi è cominciata la commedia romana, con D'Alema che incontra Casini come ultima spiaggia cattolica per Rutelli. E Casini che ascolta, ma non può nemmeno riunire l'assemblea degli iscritti perché non troverebbe la maggioranza rutelliana. L'assemblea dell'Udc non si terrà mai. Voto libero: a Casini non è stato possibile imporre Rutelli.
C'è un altro elemento drammatico: la Rosa Bianca si spezza e Baccini firma un accordo per votare Alemanno. Dove è andato Pezzotta, il cattolico del Family Day? Lo tsunami ha travolto, nella città decisiva per l'Italia, la speranza di rifare la mini Dc come punto di bilancia dei due schieramenti. All'ambizione del disegno ha risposto l'assenza del fatto. Che dirà Avvenire, che pure non ha commentato il fatto dei tre senatori dell'Udc tutti eletti da Cuffaro? È un finale patetico che Avvenire si poteva evitare. Poteva prendere atto che il partito cattolico è tramontato per sempre.

giovedì 24 aprile 2008

'68. Farsa tragica

Vaclav Belohradsky.Tratto da: Il Sabato, 20.8.1988, n. 34, p. 31-34.
(Dal sito www.storialibera.it)

Qual è la verità sul '68? Un anno che ha sconvolto il mondo, o una rivoluzione fatta come borghesia comanda?Il '68 ha due colpe. Primo, ha dato via libera agli specialisti del sociale. Secondo, la lotta ai poteri neutri ha lasciato intatto il più neutro di tutti: quello della tecnica.Nei giorni in cui gli ultimi bagliori drammatici di quegli anni si rinnovano nel caso Sofri, Vaclav Belohradsky, sociologo, propone una lettura in profondità di quell'anno magico. Anzi, più che una lettura è una condanna. Ascoltiamola:
Marx dice che l'uomo può far la propria storia solo se mosso dalle passioni che lo spingono al sacrificio. Per mettere al mondo la società borghese erano stati necessari «l'eroismo, l'abnegazione, il terrore, la guerra civile e le guerre tra i popoli». Ma le passioni della rivoluzione borghese sono state suscitate dal suo travestimento piuttosto che dal suo contenuto. Infatti, la ragione calcolante della borghesia, la fredda logica del mercato irrompe nella storia «paludata in vesti romane prima e in quelle del Sacro Impero Romano poi».La scissione tra le passioni e la ragione che caratterizza tutta la storia occidentale verrà superata, secondo Marx, dalla rivoluzione sociale in cui la ragione stessa diventerà passione. Marx esprime questo aspetto della rivoluzione sociale così: «Prima la frase sopraffaceva il contenuto; ora il contenuto trionfa sulla frase».La questione che Marx solleva qui è particolarmente attuale se applicata al '68. Da dove vengono le passioni sessantottesche? La rivoluzione sociale le cui vesti il movimento del '68 indossa sono la frase o il contenuto?
Nel suo libro "Formidabili quegli anni" Mario Capanna cita uno studente milanese che conclude il suo «applauditissimo» intervento «in un'affollata assemblea della Università Cattolica» così: «Le nostre lotte, qui in Italia, sono il segmento di un risveglio che è mondiale. Forse comincia la svolta di un'epoca. Le nostre gambe camminano insieme a quelle del contadino vietnamita e cinese, dell'operaio della Pirelli, dello studente americano, tedesco, francese, giapponese, brasiliano, messicano. Siamo la parte di un tutto. E sentiamo di esserlo. Questa è la maggiore novità».Il lirismo di questo passo rimanda a ciò che Kundera chiama «il kitsch della sinistra». L'identità di questo kitsch è data dalla metafora della Grande marcia in avanti verso l'emancipazione dal passato, dalla religione, dai pregiudizi, «da mille cose ingiuste, dal consumismo, dalla disoccupazione». I sessantottini irrompono nella storia dell'Occidente travestiti da marciatori della Grande marcia.L'essenza della Grande marcia è il mito del sociale. Il '68 ha portato all'estremo il predominio del sociale su tutti gli altri aspetti della vita. Il sociale vuol dire la comunicazione libera da vincoli che porta alla totale trasparenza della realtà. Nel sociale si compie la vera rivoluzione in quanto l'uomo riconosce le sue azioni laddove prima c'erano le forze estranee, superiori, sacre. La rivoluzione sociale consiste nello scoprire i rapporti tra gli uomini laddove sembrano agire le forze superiori agli uomini. La rivoluzione sociale si compie laddove ogni determinazione della realtà e ogni identità viene riconosciuta come un prodotto della comunicazione tra gli uomini. La società che sorge da questo riconoscimento realizza l'emancipazione degli uomini dal pregiudizio feticista sulla natura e sulla società. Il senso del sociale è quello di portare alla trasparenza tutta la realtà.Il '68 contrappone in un modo totale la trasparenza del sociale al feticismo dell'economico, del politico e del legale. Il profitto, la ragion di Stato e l'apparato della legge subordinano a sé ogni istanza che nasce dalla comunità, dalla comunicazione, dall'autocoscienza. Il centro del sociale è la critica delle ideologie che svela l'inganno con cui l'economia, la politica e la legalità vogliono imporsi come «verità oggettive, impersonali, necessarie»
Il Capanna riassume il contenuto del '68 in questa tesi: «Nulla è neutro. Dall'arte alla scienza, alla tecnica, alla cultura, alla religione: nulla; nemmeno il concetto secondo cui nulla è neutro: questa è stata una delle maggiori "scoperte" del Sessantotto. Ed è stata una scoperta fatta da milioni di persone».Nel '68 l'angoscia di fronte alla proliferazione dei poteri neutri nella società contemporanea diventava un'esperienza di massa fatta soprattutto dai giovani. Il rifiuto di «credere» ai poteri neutri unisce tutta una generazione. Il senso della violenza sessantottesca è quello di costringere i poteri senza volto ad assumerne uno, ad agire secondo una propria strategia di parte. La pretesa neutralità del potere annulla le istanze espresse dalla comunità politica: essa costituisce la forma più insidiosa del totalitarismo. I poteri neutri proliferano nelle società complesse. Una società è complessa quando la rivendicazione dell'autonomia avanzata da parte di tutti i settori specializzati diventa il suo problema politico centrale. La contemporanea crescita della specializzazione e dell'autonomia di tutti i settori della società porta infatti alla progressiva neutralizzazione dell'opinione pubblica degradando la democrazia ad un governo di specialisti.Feyerabend sintetizza la situazione così: «La specializzazione è stata sempre un tratto più o meno pronunciato delle culture altamente sviluppate. Ma lo specialista del passato era pienamente consapevole della necessità di subordinare i suoi risultati ai principi più generali e di accettare le critiche che mettevano in questione il valore della sua impresa rispetto al tutto, mentre lo specialista di oggi rivendica l'autonomia. Non solo abbiamo molti settori diversificati e separati ma ciascuno di essi si concentra a proteggere i suoi confini contro ogni possibile critica dall'esterno».Essere specialista significa anzitutto considerare come norma suprema dell'azione razionale quella di prescindere dai punti di vista «esterni». La neutralità consiste dunque nella sospensione della questione della legittimità. Infatti, la questione della legittimità concerne sempre la necessità di considerare le proprie azioni come risposte alle domande che mi vengono rivolte dalla comunità in cui agendo mi integro: sollevare la questione di legittimità presuppone riuscire a rompere il circolo vizioso in cui precipitano le società incapaci di limitare la rivendicazione dell'autonomia da parte dei settori sempre più specializzati. La proliferazione dei poteri neutri si scatena come conseguenza della dissoluzione della vita pubblica dove dal conflitto tra i punti di vista - ugualmente legittimi - si forma l'opinione pubblica capace di subordinare a sé tutte le istanze «private» o specializzate.Tre sono i poteri neutri che invadono la società dissolvendone l'articolazione politica. In primo luogo la tecnica. Capanna dice che dalle risaie del Vietnam viene una lezione che nessun barone può darci: «La tecnologia non è neutra, non necessariamente il suo sviluppo coincide con quello delle forze produttive... è la politica, cioè l'arte dell'emancipazione umana che va messa al primo posto. Già questa consapevolezza era un fatto rivoluzionario e lo diventava due volte, quando cominciò a farsi strada, aprendo varchi profondi, nella cultura scientista, industrialista, tecnologica dell'Occidente».
Capanna formula qui una questione fondamentale che però non ci viene dalle risaie del Vietnam ma è da tempo installata nel centro della cultura occidentale: Habermas considera come tratto decisivo delle società industriali la progressiva riduzione della questione di legittimità a quella della gestione della crescita: è legittimo tutto ciò che è funzionale alla crescita. Heidegger dice che chi considera la tecnica come uno strumento neutro da usare secondo i propri fini è consegnato al suo potere nel modo più totale.Che cosa è la tecnica? In ogni caso Capanna è rimasto del tutto prigioniero dell'idea secondo cui la tecnica sia uno strumento neutrale che può essere usato per emancipare gli uomini o per renderli schiavi: è dai fini per cui viene usata che riceve il suo senso. La convinzione che la tecnica in sé non è né buona né cattiva ma sono i nostri fini a determinarne il valore è, secondo McLuhan, la voce del sonnambulismo contemporaneo. Dire come fa Capanna che «se niente è neutro, siamo noi che dobbiamo dare il colore alle cose» significa credere che la questione della tecnica sia semplicemente una questione che riguarda la qualità dei fini per cui viene usata.L'idea di emancipazione, stessa pensata come fine supremo della storia, consegna l'uomo inerme al potere della tecnica. L'uomo s'emancipa se riesce a trasferire l'essenziale della sua vita in un ambiente dove tutto è reversibile, riproducibile, installabile. La tecnica assicura la credibilità a questa possibilità vissuta come il senso della storia. Come potrebbe mai sottrarsi l'idea di emancipazione all'imperativo della crescita tecnologica?In realtà la tecnica non è neutrale. In essa s'esprime una decisione epocale circa la vera essenza dell'uomo. La modernità industriale è un'epoca in cui l'essenza dell'uomo può essere pensata solo a partire dalla sua capacità di inventare fini per la crescente massa di strumenti. La tecnica impone all'uomo la finalità come essenza e fondamento della sua dignità. Il '68 ci ha resi sicuramente più sensibili alla mostruosa autocinesi della civiltà tecnologica occidentale mascherata sotto le parole d'ordine del «sonnambulismo contemporaneo».
In secondo luogo vi è il potere neutro dei mass media. Ogni risveglio dal sonnambulismo contemporaneo presuppone che si riesca a rompere con quella concezione dei media che li considera «strumenti della comunicazione». Il sonnambulismo di fronte ai mass media consiste nel credere che vi sia una realtà che i media descrivono e su cui ci informano in un modo «più o meno neutrale». I mass media non rimandano ad una realtà al di là di essi, bensì si sostituiscono alla realtà.Uscire dal sonnambulismo contemporaneo presuppone trarre tutte le conseguenze dal potere dei media di dissolvere la tradizione occidentale che situa la dignità di ogni uomo nella lotta che questo conduce contro la tentazione di sostituire le «mere» immagini alla realtà.Il terzo potere neutro è quello della legalità. Weber dice che la legittimità del futuro sarà la legalità cioè sarà legittima ogni norma statuita nel modo formalmente corretto e garantita da apparati specializzati. La riduzione della legittimità alla legalità è un modo di evadere la questione della legittimità delle leggi. Il termine «legittimità» si riferisce alla subordinazione delle leggi all'opinione pubblica, al fatto, cioè, che ogni legge esprime un'idea vivente nella tradizione della comunità e dunque trascendente sia la norma scritta che la sua applicazione concreta. Il sistema della legalità pretendendosi «neutro» rivendica un'autonomia totale dal linguaggio naturale e dalla tradizione morale della comunità la cui vita vuole regolare.L'eredità più attuale del '68 è il disinganno davanti ai poteri neutri che si pretendono il fondamento di ogni ordine legittimo. La reazione contro l'ipocrisia dei poteri neutri perde la sua legittimità nel momento in cui si trasforma in un apparato diventando essa stessa un potere neutro.La parola d'ordine della rivolta del '68 era la parola «sistema». Essa costituiva la metafora dell'autocinesi tecnico-amministrativa che installava dappertutto nella società un governo di nessuno che privava tutti della libertà di agire. Essere «contro il sistema» significava smascherare una strategia di dominazione insidiosa dietro ogni pretesa di neutralità. Ma alla fine le passioni del '68 si sono mostrate complici dei poteri neutri che volevano combattere. Infatti, il '68 ha dato una spinta decisiva alla formazione dello stato assistenziale basato sui poteri neutri specializzati nella gestione del sociale.
Il '68 fallisce per due ragioni
In primo luogo esso s'oppone alla civiltà borghese in nome del primato del sociale che vuole instaurare. Ma lo stato che i sessantottini criticano come «anti-sociale e borghese» è anche esso diventato da tempo uno stato «sociale». Ciò significa che esso si definisce «legittimo» nella misura in cui offre assistenza alle rivendicazioni sociali. Il '68 costituisce una spinta enorme alla ridefinizione della legittimità dello Stato in termini di assistenza: il sociale risucchia il politico. I sessantottini si trasformano in poco tempo in «operatori sociali» a cui lo Stato «assistenziale» demanda massicciamente la gestione delle istanze sociali. Il sociale diventa oggetto di una specializzazione controllata dai professionisti del sociale che si integrano velocemente nel sistema dei poteri neutri contro cui il '68 si è rivoltato. Gli operatori sociali in quanto specialisti del sociale non sono che un altro potere neutro.
In secondo luogo l'opposizione sessantottesca ai poteri neutri si basa su un equivoco: essa non giunge a riconoscere la subordinazione dell'idea di emancipazione alla tecnica. L'essenza dell'uomo pensata a partire dalla differenza mezzi-fini come «luogo della finalità ultima» è al servizio della dominazione planetaria della tecnica. L'uomo sarà emancipato solo quando per ogni suo fine ci saranno mezzi efficaci, cioè quando la tecnica giungerà ad essere l'ambiente più proprio della vita umana.La rivolta del '68 non si è mai fatta consapevole del fatto che l'autocinesi tecnico-amministrativa che tiene nella sua morsa la civiltà occidentale è la conseguenza del modo in cui il senso è stato interpretato in Occidente a partire dai Greci e non solo di una sua deformazione capitalista.
Vorrei riassumere l'eredità del '68 nella formula «crisi della rappresentabilità politica dell'uomo» che è più grave di quella della «rappresentatività delle istituzioni». Quest'ultima presuppone, infatti, che vi siano istanze minoritarie censurate dal sistema politico. Nel movimento del '68 si esprime invece una preoccupazione più profonda: i poteri neutri disperdono nella loro espansione ciò che rendeva l'uomo politicamente rappresentabile. La precondizione della rappresentabilità politica dell'uomo è la partecipazione alla vita pubblica. Nel conflitto tra gli uguali che è l'essenza dello spazio pubblico l'uomo fa l'esperienza della realtà perchè distingue tra ciò che appartiene solamente alla sua vita privata e ciò che invece appartiene alla vita di tutti. La crisi della rappresentabilità politica dell'uomo dipende dalla dissoluzione del legame tra la vita pubblica e l'esperienza. Al posto dello spazio pubblico vi è oggi il suo simulacro - lo spettacolo.Sono convinto che possiamo ricostituire la rappresentabilità politica dell'uomo occidentale solo a condizione che impariamo dai dissidenti dei Paesi comunisti a «vivere parallelamente. La nascita delle comunità parallele è essenzialmente un fenomeno pre-politico. In esse si ricostituisce il legame tra la dimensione pubblica e l'esperienza su cui solamente può fondarsi una resistenza efficace contro la riduzione di ogni punto di vista non funzionale ai poteri neutri a qualcosa di «meramente privato». Le comunità parallele ricostituiscono il legame tra l'esperienza e lo spazio pubblico.
Marx dice che ogni avvenimento nella storia avviene due volte: la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa. Il '68 è invece un avvenimento che è arrivato prima come farsa e che non è riuscito a diventare una tragedia. Non c'è più differenza tra la storia e la farsa: le parole di protesta sembrano prive di peso. I rivoltosi sono condannati a recitare una farsa. Il rumore grandioso della storia occidentale non produce più se non farse e spettacoli.Paradossalmente, l'eredità più attuale del '68 è la capacità dei poteri neutri di trasformare ogni protesta in farsa priva di peso. Una divertente «follia dei giovani». Come dare un peso alla protesta nell'era dei poteri neutri che trasformarono tutto in farsa? Ecco la questione del '68.
Vaclav BELOHRADSKY

Solo due breve considerazioni, la prima, la rivolta dei sessantottini si trasformò come abbiamo letto in una integrazione degli stessi, in quel "sistema" corrotto e borghese che criticavano e in una loro commistione con quei poteri neutri (rendendoli "carichi") che essi cercavano di debbellare. La loro acquisita funzione di "operatori sociali" dello Stato, li rese, come li rende tutt'oggi (giacchè molti degli esponenti della politica e delle istituzioni in genere sono appunto ex-sessantottini) promotori (e molto spesso agitatori) di un pensiero politico volto a legittimare nella piena legalità, vale a dire nel pieno consenso (pseudo)democratico decreti e leggi e quindi culture sempre più svincolati da un valore fondante e trascendente la norma stessa ,valore basilare per uno stato, valore da abiurare se si vuole costruire uno società laicista e relativista.
La seconda, notare l'attualità della frase, "Al posto dello spazio pubblico vi è oggi lo spettacolo - il simulacro"; già vent'anni fa come effetti della "crisi della rappresentabilità politica dell'uomo" si prevedevano probabilmente i V-Day e i troppi Reality Show....
Emanuele

Politiche 2008: un’analisi del voto

di Massimo Introvigne

Le elezioni politiche del 13-14 aprile 2008 hanno determinato un’autentica rivoluzione nel panorama parlamentare italiano. Sono scomparse sigle storiche come i socialisti, i comunisti e i verdi. I gruppi parlamentari si sono ridotti da una ventina a tre al Senato (se PD e IDV faranno gruppo insieme) e quattro alla Camera (altri partiti, pure rappresentati, non potranno costituire un gruppo perché non raggiungono il numero minimo di deputati, venti, o senatori, dieci, necessari per tale costituzione, salvo deroghe degli Uffici di Presidenza che tuttavia al Senato possono essere concesse solo a gruppi di almeno cinque senatori eletti in almeno tre regioni diverse: quindi, per esempio, non all’UDC che di senatori ne ha tre tutti eletti in Sicilia). Molto di più di quanto non fosse avvenuto nel 2006, la maggioranza degli elettori ha compreso i meccanismi della legge elettorale, e ha evitato il voto inutile. Molti italiani si sono resi conto che al Senato la montagna dell’otto per cento era difficilissima da scalare per i piccoli partiti e si sono comportati di conseguenza. L’astensionismo, contrariamente a un vecchio luogo comune, ha danneggiato soprattutto l’estrema sinistra, ed è del resto in quell’area che militano i più convinti teorici dell’astensione. Le prime rilevazioni – che confermano quelle dei sondaggi, e che dovranno essere peraltro verificate tramite analisi più sistematiche – ci dicono che i cattolici praticanti non si sono distribuiti uniformemente tra tutti i partiti, come prevedeva qualche sociologo. Hanno privilegiato il Popolo della Libertà e la Lega, e in misura assai minore l’UDC. Il popolo che va a Messa non ha dunque seguito quella stampa cattolica che faceva il tifo, spesso neppure troppo velatamente, per il PD e l’UDC. Significativo il commento di Rosy Bindi: “Una parte del voto cattolico è finito alla Lega e non si capisce perché” (cfr. Fabio Martini, “Walter, la grande delusione”, La Stampa, 15-4-2008). Contrariamente a quanto pensa Rosy Bindi, si capisce benissimo. A parte una minoranza sempre più ridotta – ancorché ben rappresentata nei centri di potere della cultura e dell’economia – di “cattolici adulti”, il mondo cattolico italiano è stato sistematicamente educato da Giovanni Paolo II, da Benedetto XVI e dai cardinali Ruini e Bagnasco a privilegiare i “valori non negoziabili” – vita, famiglia e libertà di educazione – e a mettere le altre questioni, pure importanti, in secondo piano rispetto a questi tre valori fondamentali. Nelle parrocchie, nei movimenti e su Internet per la prima volta circolavano ampiamente studi – simili a quelli che i cattolici e i protestanti evangelical diffondono negli Stati Uniti a ogni elezione – dove, con dovizia di dettagli e con analisi che si spingevano fino al singolo parlamentare, si mostrava come su applicazione della legge sull’aborto, eutanasia, riconoscimento delle unioni omosessuali, tentativi di modificare la legge sulla fecondazione assistita, scuole non statali l’unico modo di bloccare proposte di legge incompatibili con i valori non negoziabili fosse un saldo successo della coalizione Berlusconi (all’interno della quale i parlamentari della Lega avevano votato e promettevano di votare “bene”, su questi problemi, in modo talora ancor più omogeneo di quelli del PDL). Vi è stata, sul punto, un’illusione ottica. La scelta (che si può certo discutere) dell’onorevole Silvio Berlusconi di non mettere all’ordine del giorno nella campagna elettorale i temi relativi ai valori non negoziabili è stata scambiata da alcuni per una “equivalenza” delle coalizioni Berlusconi e Veltroni su questi temi. Mentre la coalizione Veltroni aveva nelle sue liste candidati simbolo dell’opposizione ai valori non negoziabili come il professor Umberto Veronesi e l’onorevole Emma Bonino e dichiarava programmaticamente di volere fare approvare il testamento biologico e le leggi sulle unioni di fatto, gli studi su come avevano votato i parlamentari confluiti nel PDL e quelli della Lega nella precedente legislatura mostravano che, con eccezioni individuali, questo blocco – ove avesse chiaramente prevalso – sarebbe stato in grado di respingere le proposte di legge inaccettabili per i cattolici. Rosy Bindi se ne faccia una ragione: i cattolici italiani hanno ormai interiorizzato il tema dei “valori non negoziabili” e non considerano sullo stesso piano le questioni sindacali o socio-economiche (su cui peraltro la presunta maggiore vicinanza alla dottrina della Chiesa del PD rimane tutta da dimostrare) rispetto alla vita, alla famiglia e alla libertà di educazione. Il voto alla Lega non è soltanto né principalmente un voto di protesta contro gli sprechi dello statalismo e del centralismo, né un voto per le infrastrutture al Nord, per quanto questi temi entrino nel successo del partito di Umberto Bossi. Chi ha seguito la campagna della Lega – l’unica tra quelle dei partiti approdati in Parlamento affidata più agli strumenti tradizionali del contatto personale, delle riunioni e dei comizi che a Internet o alla televisione – si è reso conto del costante appello a valori che si possono riassumere – correndo il centenario della nascita del pensatore cattolico brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), che peraltro non presumo sia specificamente noto al leghista medio – nel suo motto “tradizione, famiglia, proprietà”, con una speciale attenzione all’identità, alle radici e alla consapevolezza del pericolo rappresentato dall’islam. I cattolici possono soltanto augurarsi che nella Lega si affermi una classe dirigente capace di difendere questi valori in modo non solo istintivo ma consapevole e meditato. Ma questo non avverrà senza un dialogo più serrato e continuo fra chi, quanto a consapevolezza e meditazione di questi valori, nel mondo cattolico ha qualche cosa da offrire e il popolo della Lega. L’UDC è sparita dal Senato. L’eccezione siciliana conferma la regola, ed è un voto più all’onorevole Salvatore Cuffaro (che molti siciliani considerano, a torto o a ragione, sia vittima di accuse ingiuste sia protagonista di una stagione di governo regionale non priva di aspetti positivi) che all’onorevole Pier Ferdinando Casini. Se in Sicilia si fosse presentata una “Lista Cuffaro” nulla sarebbe cambiato se non, forse, in meglio per l’esito della medesima. La scommessa politica dell’UDC, fondata sulla sua possibilità di condizionare la formazione di qualunque futuro governo con una significativa presenza al Senato, è dunque fallita. All’UDC restano due milioni di elettori, che certamente non coincidono con i cattolici praticanti italiani (che, per quanto le statistiche sul punto siano oggetto di controversie senza fine, considerando chi va a Messa almeno una volta al mese sono un terzo degli italiani, sei volte di più del 5,5^ raccolto dall’onorevole Casini) ma non sono irrilevanti. Un certo numero di questi voti proviene da sinistra, cioè da quei cattolici che non apprezzano l’onorevole Berlusconi ma che non se la sono sentita di votare un PD che presentava l’onorevole Bonino e il professor Veronesi. Altri hanno dato credito a una campagna elettorale molto centrata sull’identità cristiana e sulla difesa della famiglia, che alcuni parlamentari uscenti dell’UDC (come l’onorevole Luca Volontè o il senatore Luca Marconi) avevano rappresentato nella precedente legislatura in modo coerente e continuo. Dopo il sostanziale insuccesso del suo progetto politico, il futuro dell’UDC è molto incerto. I suoi due milioni di elettori rappresentano però, insieme al successo della Lega, un monito al partito di maggioranza relativa quanto all’esistenza non di poche migliaia ma di milioni di italiani sensibili al tema dell’identità cristiana, a prescindere dalla stessa credibilità e coerenza del personale politico che lo agita. Mutatis mutandis, vanno a comporre questo promemoria per il PDL vittorioso anche gli oltre ottocentomila elettori de La Destra, un partito che aveva peraltro coltivato illusioni quanto all’effettiva possibilità di approdare in Parlamento con il sistema delineato dalla legge elettorale vigente. Un cenno merita infine la “catastrofe”, come l’ha definita il suo promotore Giuliano Ferrara, della lista “Aborto? No grazie” che puntava al quattro per cento e che si è fermata esattamente allo 0,4. Purtroppo la catastrofe, figlia – come altri insuccessi – di un’incomprensione del sistema elettorale vigente e del fatto che l’Italia non ha una tradizione di “liste di scopo”, era facilmente prevedibile ed era stata da molti (compreso chi scrive) prevista. Era anche prevedibile che all’indomani delle elezioni si sarebbe diffuso nei media, come sta puntualmente avvenendo, il giudizio secondo cui la problematica dell’aborto interessa solo allo 0,4^ degli italiani: giudizio falso, ma che l’errore di presentare la lista Ferrara alle elezioni riveste di una certa ingannevole parvenza di credibilità. Come si temeva, la lista ha compromesso la sacrosanta e meritevole battaglia di Giuliano Ferrara per la moratoria. Con grande difficoltà, si tratta ora di ripartire da prima della campagna elettorale e riprendere la parola d’ordine della moratoria. Se i 135.000 italiani che hanno votato per una causa politicamente persa in partenza, superata la delusione, si trasformeranno in militanti per i valori non negoziabili forse non tutto sarà perduto. Tra i problemi che dovrà affrontare il nuovo governo ci sarà quello del passaggio alla dimensione extraparlamentare di una sinistra radicale che, fuori dei Parlamenti, è spesso stata brodo di cultura della violenza di piazza e del terrorismo. Naturalmente l’eredità comunista non è scomparsa dal Parlamento italiano: l’onorevole Massimo D’Alema, tanto per fare un nome non casuale, può vantare una militanza nel vecchio Partito Comunista Italiano – del cui Comitato centrale ha fatto parte a suo tempo anche lo stesso onorevole Walter Veltroni – non meno distinta e convinta di quella dell’onorevole Fausto Bertinotti. Ma queste metamorfosi del comunismo non sono sempre facilmente comprensibili per il militante di base, che rischia dunque seriamente di farsi attrarre dalle sirene della violenza extraparlamentare. Alla soddisfazione per non vedere più in Parlamento gli onorevoli Alfonso Pecorario Scanio o Wladimiro Guadagno detto Vladimir Luxuria non può non accompagnarsi la consapevolezza dei rischi per l’ordine pubblico, soprattutto in caso di saldatura di progetti eversivi comunisti con altri di matrice ultra-fondamentalista islamica secondo la “dottrina Carlos”, incessantemente elaborata dal suo carcere francese dal terrorista marxista venezuelano convertito all’islam Ilich Ramírez Sánchez, “Carlos”, con l’appoggio esplicito del presidente della Repubblica del Venezuela Hugo Chávez. Una corretta valutazione di questo rischio implica una vigilanza – in base a criteri di prudenza, e senza criminalizzare preventivamente nessuno – non solo sugli ambienti dell’ultra-sinistra più tentati dall’eversione ma anche su chi ha contatti politici ambigui e inquietanti con i governi di Paesi come Cuba, la Corea del Nord e lo stesso Venezuela (o ancora con movimenti che hanno insieme una dimensione politica e una terroristica, come gli Hezbollah o Hamas), sulle “moschee inquiete” e su tutto il mondo dell’immigrazione clandestina. Un compito cui il prossimo Ministro dell’Interno farà bene a dedicarsi seriamente.

mercoledì 23 aprile 2008

Resistenza

Tratto da: Rino CAMMILLERI, Fregati dalla Scuola, Effedieffe, Milano 1999.
E' ormai acquisito alla storiografia più seria che la Resistenza non fu affatto un'epica lotta di popolo ma riguardò solo una minoranza, e fu un fenomeno localizzato in alcune zone del Nord. La mitologia resistenziale ha invece occultato il ruolo svolto dall'esercito regolare italiano che combatté a fianco degli Alleati. I comunisti in breve riuscirono a egemonizzare i comitati di liberazione e, nei cosiddetti «triangoli della morte», ne approfittarono per sbarazzarsi di avversari politici. Oltre a ex fascisti, anche preti, e perfino partigiani non comunisti finirono uccisi in questi regolamenti di conti ideologici, tesi a sgombrare preventivamente il terreno da futuri oppositori. Al confine con la Jugoslavia i partigiani titini procedevano alla «pulizia etnica» degli Italiani nelle famigerate foibe. L'attentato di via Rasella, a Roma, veniva perpetrato per scatenare, con la rappresaglia tedesca, l'odio della popolazione civile. E anche per eliminare quella componente comunista «di sinistra» che non aveva intenzione di obbedire alle direttive politiche di Stalin. Infatti gli attentatori, malgrado le ripetute intimazioni tedesche, non si consegnarono (tra l'altro la bomba aveva ucciso solo Italiani, cioè Altoatesini arruolati a forza dai Tedeschi, nonché alcuni civili, tra cui un bambino) e la rappresaglia riguardò un gruppo di Ebrei e molti partigiani della formazione «Bandiera rossa» detenuti nelle carceri romane. Nel Nord la brigata partigiana «Osoppo» (di cui faceva parte il fratello del regista Pasolini) fu trucidata dai partigiani comunisti.Tutto sommato la Resistenza non accelerò affatto la dipartita dei Tedeschi; anzi trasformò in un calvario di rappresaglie (ai danni dei civili inermi) quella che poteva essere una ordinata ritirata. Lo scopo era quello di permettere ai comunisti, che non avevano fino a quel momento alcun ruolo rilevante nella vita politica e sociale italiana, di guadagnarsi un posto di primo piano nel futuro assetto del paese.Anzi l'idea era quella di prendere il potere tramite la «rivoluzione», come era stato in Russia (qui, infatti, i bolscevichi approfittarono dello sbandamento cagionato dalle prime disastrose sconfitte russe nella Grande Guerra per sbarazzarsi prima dello zar e poi dei menscevichi). I socialisti, di cui faceva parte il futuro presidente Pertini, prima dell'avvento di Craxi erano praticamente loro succubi. Finita la guerra i comunisti scateneranno la guerra civile in Grecia. L'Italia se la cavò perché ormai Stalin a Yalta vi aveva rinunciato

martedì 22 aprile 2008

Hillary,Obama e il maestro Alinsky

Tratto dalla rivista Radici Cristiane

Saul David Alinsky nacque in Chicago nel 1909. Di temperamento ribelle, militò nel Partito Comunista per molti anni, servendo anche come fund-raiser per le Brigate Internazionali durante la guerra civile spagnola. Presto, però, egli si rese conto che la rivoluzione comunista negli Stati Uniti non aveva la benché minima possibilità di successo. Iniziò allora a teorizzare una “rivoluzione populista” che, sull’onda dello slogan “il potere al popolo”, suscitasse una miriade di piccole rivoluzioni a livello locale, col trasferimento del potere dalle istituzioni alle Peoples’ Organizations create da lui. Queste organizzazioni metterebbero in pratica la democrazia diretta e l’autogestione comunitaria, arrivando quindi direttamente alla meta ambita da Marx e Engels. La massa critica di tutte le piccole rivoluzioni locali porterebbe alla rivoluzione nazionale. Le sue idee sono contenute, fondamentalmente, in due libri: Reveille for Radicals (1946) e Rules for Radicals (1971), dedicato a « Satana, il primo rivoluzionario della storia ». Esiste anche una lunga intervista a Playboy (aprile 1972), nella quale sviluppa il suo pensiero. Per attuare la sua rivoluzione, Alinsky fondò nel 1940 la Industrial Areas Foundation (IAF), dove vengono addestrate successive leve di community organizers, che poi vanno in giro costituendo peoples’ organizations e provocando conflitti. Per “far arrabbiare il popolo”, e quindi gettarlo nella mischia, Alinsky utilizzava metodi di coscientizzazione molto simili a quelli sviluppati dal pedagogo comunista brasiliano Paulo Freire e largamente utilizzati dalle “comunità ecclesiali di base” ispirate dalla teologia della liberazione. Questa affinità, sia nella meta che nei metodi, fra le peoples’ organizations e le comunità ecclesiali di base portò Alinsky a capire l’importanza d’una alleanza strategica con la sinistra religiosa, fino ad oggi la spina dorsale della sua rete sovversiva. Alinsky morì in modo fulminante nel 1972. Dopo essere diventata presidente dei Giovani Repubblicani nel Wellesley College, Hillary Rodham Clin-ton cominciò a scivolare a sinistra, fino a diventare una nota attivista nel campus. Volendo imparare nuove tatti-che, nel 1968 andò a Chicago per incontrare Saul Alinsky. Dopo tre ore di conversazione, il vecchio rivoluzio-nario gli rivolse un’offerta di lavoro come community organizer. Pur condividendo gli obiettivi, Hillary la re-spinse perché « pensavo che il sistema si poteva cambiare dall’interno ». Il suo approccio era anche più intel-lettuale ed elitista. Affascinata comunque dal personaggio, la giovane attivista fece la sua tesi di laurea su “Un’analisi del modello Alinsky”. Pur criticandone alcuni aspetti, Hillary assimilò come propria la struttura portante del pensiero di Alinsky riguardo alla soluzione dei problemi sociali. Negli anni successivi, collaborò diverse volte con la IAF. In due occasioni fece addirittura da testimonial per la Washington Interfaith Network, affiliata alla IAF. Nel 1993 Hillary dichiarò al “Washington Post”: « Io penso che, fondamentalmente, Alinsky aveva ragione » nel suo approccio ai problemi sociali. Le esigenze della sua immagine politica, però, specie durante la presidenza del marito, la costrinsero a prenderne le distanze. La Casa Bianca giunse a chiedere a Wellesley College di sigillare la tesi di laurea della First Lady. Nel 1985, la Industrial Areas Foundation fece un’offerta di lavoro a Barack Hussein Obama, allora ventitreenne, studente alla Columbia University. Si trattava di arruolarlo per organizzare i neri del South Side. A differenza di Hillary diciassette anni prima, Obama accettò con entusiasmo, anche perché stava cercando disperatamente lavoro. Barack Obama seguì un corso di addestramento come community organizer, passando poi a lavorare per il Developing Communities Project, collegato al Calumet Community Religious Conference, tutte e due foggiati dalla IAF. Un suo istruttore, Gerald Kellmen, lo descriveva come “fortemente idealista, un sognatore”. Un altro istruttore, Mike Kruglik, lo riteneva “un maestro dell’agitazione”. Per ben quattro anni, Obama si adoperò per avviare diverse iniziative popolari fra i neri, contattando politici, uomini di Chiesa e leader locali. Lo stesso Obama guarda indietro con riconoscenza: « Gli anni come community organizer mi diedero la miglior educazione della mia vita ». Alla stregua di Hillary, anche lui scelse di entrare in politica per cambiare il sistema dall’interno. Andò ad Harvard per studiare Giurisprudenza, tornando poi alla sua città come professore di Diritto costituzionale. Candidato nel 1995 al Senato di Illinois, egli venne eletto con ampio appoggio popolare. I commentatori concordano che la sua formazione come community organizer è la chiave del suo successo. Nei dibattiti pubblici con Hillary, secondo Kyle-Anne Shriver, « non sorprende che il jujitsu dialettico di Obama, tutto imparato da Alinsky, riesca a polverizzare una donna che, dopo aver meramente intervistato Alinsky, passò il resto della sua vita lavorando per grandi aziende in palazzi di lusso ». Può sorprendere che la sinistra populista lo guardi con tanta speranza?

Il catastrofismo interessato dell'Earth Day

di Fabrizio Proietti

“Il tasso di mortalità aumenterà al punto che da qui al 1980 ogni anno moriranno di fame 100-200 milioni di persone”. Così profetava Paul Ehrlich nell’aprile 1970 per spiegare il senso del primo Earth Day (La giornata della Terra). Ehrlich era allora famosissimo in America perché il suo libro “La bomba demografica”, uscito nel 1968, aveva avuto un incredibile successo di vendite (in pochi anni milioni di copie sono state acquistate in tutto il mondo) e le sue tesi erano arrivate a influenzare anche il Dipartimento di Stato. In numerosi articoli e interviste scritte in quei giorni si fece prendere decisamente la mano e si spinse a prevedere che tra il 1980 e il 1989 ci sarebbe stata “La grande morte” con 4 miliardi di esseri umani che sarebbero deceduti in tutto il mondo (compresi 65 milioni di americani). In pratica si sarebbero salvati soltanto una parte di europei e nordamericani.

Tali previsioni cadevano in un terreno fertile, perché i suoi scritti erano soltanto la punta dell’iceberg di un forte movimento per il controllo delle nascite che, spinto dalle grandi fondazioni americane, aveva già guadagnato i cuori di tanti statunitensi. Non a caso fu un noto miliardario americano, Hugh Moore, il vero regista della prima Giornata della Terra, anche se ufficialmente questa nasce da un’idea del senatore democratico Gaylord Nelson. Questi nel settembre 1969 aveva lanciato la proposta di una grande protesta popolare per sensibilizzare il governo sulla necessità di porre rimedio a una serie di disastri ambientali che in quel momento preoccupavano l’America, ma senza il giusto sponsor l’iniziativa probabilmente non sarebbe andata molto lontana.

Moore già dagli anni ’50 aveva investito miliardi e prestigio nelle campagne di controllo delle nascite, ricoprendo anche le più alte cariche delle organizzazioni che di questo si occupavano, dal Population Reference Bureau all’IPPF fino all’Associazione per la Sterilizzazione Volontaria. Peraltro fu proprio lui negli anni ’50 a lanciare lo slogan della “bomba demografica” che – considerato l’impatto emotivo della bomba atomica lanciata nel 1945 e la diffusa paura di una guerra nucleare con l’Unione Sovietica – colpì drammaticamente nel segno. Di fronte alle crescenti ansie della popolazione americana alla fine degli anni ‘60, soprattutto legate al diffuso inquinamento dell’aria nelle grandi città e dei corsi d’acqua (allora venne dichiarato “morto” il Lago Erie), fu Moore a “guidare” la convergenza tra associazioni ecologiste e organizzazioni anti-nataliste.

Ancora una volta fu un suo slogan a fare la fortuna di questo movimento: “La popolazione inquina”. Così quel 22 aprile del 1970 fu preceduto e seguito da un diluvio di proclami, allarmi e profezie sulla incombente fine del mondo causata dall’aumento della popolazione, che si stava divorando le risorse, toglieva spazio alle altre specie e rendeva la Terra inabitabile: “Abbiamo soltanto 5 anni per intervenire”, urlava l’ecologista Kenneth Watt; “E’ già troppo tardi per evitare la fame di massa”, avvertiva Denis Hayes, capo dell’organizzazione dell’Earth Day; “In dieci anni gli abitanti delle città potranno sopravvivere soltanto usando le maschere anti-gas”, scriveva la rivista Life citando i soliti esperti. Anche il clima rientrò tra gli argomenti trattati, ma al proposito gli esperti erano divisi a metà tra coloro che vedevano il riscaldamento globale e quelli che erano già pronti alla nuova era glaciale. Per i successivi 20 anni ebbero la meglio questi ultimi, ma comunque tutti erano d’accordo sul fatto che si stava andando verso la catastrofe.

Come è andata a finire possiamo vederlo da soli: rispetto a quel 1970, la popolazione è quasi raddoppiata, le risorse non solo non sono diminuite ma sono addirittura aumentate, è molto più diffusa anche la ricchezza, non ci sono più state gravi carestie come in passato, se non causate localmente da guerre e follie politiche (vedi Corea del Nord). E anche gli indicatori ambientali volgono al meglio: tanto per restare agli USA, le grandi città sono più pulite e il Lago Erie è tornato in vita.

Malgrado ciò la Giornata della Terra, da evento nazionale si è trasformata in evento mondiale e oggi sarà celebrata con grand enfasi in 174 Paesi: curiosamente con gli stessi slogan, le stesse paure e le stesse profezie di 38 anni fa