martedì 22 aprile 2008

Il catastrofismo interessato dell'Earth Day

di Fabrizio Proietti

“Il tasso di mortalità aumenterà al punto che da qui al 1980 ogni anno moriranno di fame 100-200 milioni di persone”. Così profetava Paul Ehrlich nell’aprile 1970 per spiegare il senso del primo Earth Day (La giornata della Terra). Ehrlich era allora famosissimo in America perché il suo libro “La bomba demografica”, uscito nel 1968, aveva avuto un incredibile successo di vendite (in pochi anni milioni di copie sono state acquistate in tutto il mondo) e le sue tesi erano arrivate a influenzare anche il Dipartimento di Stato. In numerosi articoli e interviste scritte in quei giorni si fece prendere decisamente la mano e si spinse a prevedere che tra il 1980 e il 1989 ci sarebbe stata “La grande morte” con 4 miliardi di esseri umani che sarebbero deceduti in tutto il mondo (compresi 65 milioni di americani). In pratica si sarebbero salvati soltanto una parte di europei e nordamericani.

Tali previsioni cadevano in un terreno fertile, perché i suoi scritti erano soltanto la punta dell’iceberg di un forte movimento per il controllo delle nascite che, spinto dalle grandi fondazioni americane, aveva già guadagnato i cuori di tanti statunitensi. Non a caso fu un noto miliardario americano, Hugh Moore, il vero regista della prima Giornata della Terra, anche se ufficialmente questa nasce da un’idea del senatore democratico Gaylord Nelson. Questi nel settembre 1969 aveva lanciato la proposta di una grande protesta popolare per sensibilizzare il governo sulla necessità di porre rimedio a una serie di disastri ambientali che in quel momento preoccupavano l’America, ma senza il giusto sponsor l’iniziativa probabilmente non sarebbe andata molto lontana.

Moore già dagli anni ’50 aveva investito miliardi e prestigio nelle campagne di controllo delle nascite, ricoprendo anche le più alte cariche delle organizzazioni che di questo si occupavano, dal Population Reference Bureau all’IPPF fino all’Associazione per la Sterilizzazione Volontaria. Peraltro fu proprio lui negli anni ’50 a lanciare lo slogan della “bomba demografica” che – considerato l’impatto emotivo della bomba atomica lanciata nel 1945 e la diffusa paura di una guerra nucleare con l’Unione Sovietica – colpì drammaticamente nel segno. Di fronte alle crescenti ansie della popolazione americana alla fine degli anni ‘60, soprattutto legate al diffuso inquinamento dell’aria nelle grandi città e dei corsi d’acqua (allora venne dichiarato “morto” il Lago Erie), fu Moore a “guidare” la convergenza tra associazioni ecologiste e organizzazioni anti-nataliste.

Ancora una volta fu un suo slogan a fare la fortuna di questo movimento: “La popolazione inquina”. Così quel 22 aprile del 1970 fu preceduto e seguito da un diluvio di proclami, allarmi e profezie sulla incombente fine del mondo causata dall’aumento della popolazione, che si stava divorando le risorse, toglieva spazio alle altre specie e rendeva la Terra inabitabile: “Abbiamo soltanto 5 anni per intervenire”, urlava l’ecologista Kenneth Watt; “E’ già troppo tardi per evitare la fame di massa”, avvertiva Denis Hayes, capo dell’organizzazione dell’Earth Day; “In dieci anni gli abitanti delle città potranno sopravvivere soltanto usando le maschere anti-gas”, scriveva la rivista Life citando i soliti esperti. Anche il clima rientrò tra gli argomenti trattati, ma al proposito gli esperti erano divisi a metà tra coloro che vedevano il riscaldamento globale e quelli che erano già pronti alla nuova era glaciale. Per i successivi 20 anni ebbero la meglio questi ultimi, ma comunque tutti erano d’accordo sul fatto che si stava andando verso la catastrofe.

Come è andata a finire possiamo vederlo da soli: rispetto a quel 1970, la popolazione è quasi raddoppiata, le risorse non solo non sono diminuite ma sono addirittura aumentate, è molto più diffusa anche la ricchezza, non ci sono più state gravi carestie come in passato, se non causate localmente da guerre e follie politiche (vedi Corea del Nord). E anche gli indicatori ambientali volgono al meglio: tanto per restare agli USA, le grandi città sono più pulite e il Lago Erie è tornato in vita.

Malgrado ciò la Giornata della Terra, da evento nazionale si è trasformata in evento mondiale e oggi sarà celebrata con grand enfasi in 174 Paesi: curiosamente con gli stessi slogan, le stesse paure e le stesse profezie di 38 anni fa

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