martedì 24 giugno 2008

Crisi del cibo? Chiediamo aiuto alla dea Cerere

“Il 20% dell’umanità consuma l’80% delle risorse mondiali”. Questo argomento, un tempo molto usato in ambienti no global per attribuire le cause della povertà all’ingordigia e all’egoismo dell’Occidente, sembrava ormai abbandonato per sempre per la buona ragione che non regge essendo che omette di dire l’essenziale: e cioè che quel ‘20% di umanità’ sotto accusa produce l’80% delle risorse mondiali, e poi eventualmente le consuma (essendo tra l’altro nel pieno diritto di farlo); e in realtà non le consuma mai tutte, ma ne risparmia quantità enormi destinandole, oltre che a realizzare ulteriori investimenti produttivi, ad assistere chi ne ha bisogno, vale a dire quell’80% dell’umanità che la retorica terzomondista dipinge come vittima di spoliazione.

In realtà la causa prima della povertà è la scarsa capacità produttiva delle economie di sussistenza ancora prevalenti nei paesi in via di sviluppo a cui va aggiunto il danno della pessima amministrazione delle risorse prodotte che corruzione e malgoverno, in tanti stati soprattutto in Africa e Asia, indirizzano al consumo vistoso pubblico e privato delle leadership al potere.

Eppure il missionario comboniano Alex Zanotelli ha appena ripreso l’argomento ritoccando le percentuali. Secondo lui ormai l’88% delle risorse sono consumate dall’11% dell’umanità. Zanotelli non è solo. Il 27 maggio, intervistato sul tema del carovita e della crisi alimentare dall’emittente radiofonica ‘Radio Vaticana’, Riccardo Moro, direttore della fondazione ‘Giustizia e solidarietà’ della Cei, ha detto: “Credo che sia soprattutto un problema di distribuzione, di cattiva distribuzione del prodotto sia tra nord e sud del mondo che a livello regionale e locale. Di sicuro abbiamo un prodotto che non è aumentato come è aumentata viceversa la domanda in ragione soprattutto della crescita demografica....” (MISNA, 28/5/2008).

La dichiarazione di Moro, che sembra non tener conto dell’immenso flusso di aiuti che costantemente raggiungono i poveri del pianeta e ne consentono la sopravvivenza, è vera in effetti, come si è detto, per quel che riguarda il livello locale. Valga come esempio quello della Nigeria dove un’enorme quantità di denaro, per decenni, invece di affluire nelle casse statali ha preso la strada dei conti privati dei leader che si sono avvicendati alla sua guida: in tutto dal 1960, anno dell’indipendenza, non meno di 350 miliardi di dollari. Per questo la Nigeria, pur essendo uno dei maggiori produttori di petrolio del mondo, è popolata da decine di milioni di poveri.

Secondo la FAO, inoltre, non è vero che la produzione mondiale di generi alimentari non è aumentata: al contrario. Per il 2008/2009 si prevedono in particolare raccolti di grano e di riso da record e consistenti incrementi nella produzione di raccolti oleaginosi, di zucchero, carne, pesce e patate. Tuttavia proprio la FAO ritiene che i prezzi degli alimenti continueranno a salire almeno per altri 10 anni anche se a un ritmo più lento: il mais, ad esempio, aumenterà del 15%, l’olio di semi del 33%. Lo sostiene un rapporto elaborato in collaborazione con l’Ocse, intitolato Agricultural outlook 2007-2016 e presentato a Parigi il 29 maggio, nel quale si legge inoltre che, per evitare una carestia di portata mondiale, entro il 2030 la produzione totale di cereali dovrà crescere del 50% e quella di carne addirittura dell’85%.

Se in certe affermazioni è evidente l’influenza delle ideologie terzomondiste ed ecologiste e se altre risentono di un approccio poco sistematico al problema, concentrandosi su un solo fattore come causa del ‘carovita’ (per Moro, evidentemente quello demografico, per altri i biocarburanti, per altri ancora fattori speculativi e via dicendo), lo studio della FAO fa sorgere un altro problema: quello che si equivochi dando per certo l’avvento dello scenario delineato e dimenticando che le proiezioni descrivono l’andamento futuro di un fenomeno, in questo caso il prezzo delle materie prime, posto che stato attuale e tendenze di tutti i fattori rilevanti rimangano invariati.

Invece l’unica certezza per quanto riguarda il futuro è che, di sicuro, si verificheranno cambiamenti e fatti imprevisti che modificheranno le proiezioni. Basti pensare a quelle relative agli andamenti demografici che negli scorsi anni sono state drasticamente rivedute a causa dell’imprevisto abbassamento del tasso di incremento demografico verificatosi.

È in questo clima che a Roma dal 3 al 6 giugno si svolgerà il vertice della FAO sulla sicurezza alimentare. C’è da sperare che porti concrete indicazioni operative che invece, a quanto pare, difficilmente potranno arrivare dal forum alternativo organizzato, sempre a Roma, dalle associazioni di contadini e pescatori del sud del mondo e intitolato ‘Terra Preta’: tra le anticipazioni vi è la notizia che i partecipanti al contro-vertice, a chiusura dei lavori, si recheranno al tempio di Cerere, alla Bocca della Verità, e, ciascuno con i propri riti, renderanno omaggio alla antica dea romana dei campi e dei cereali.

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