sabato 23 agosto 2008

Alle radici della guerra in Ossezia cap. 2


Il 23 novembre 1989 una folla di nazionalisti georgiani marcia su Tskhinvali, venendo però respinti dalla guarnigione sovietica. Il 20 settembre 1990 l'Ossezia del Sud proclama la sua indipendenza. A ottobre gli osseti boicottano le elzioni georgiane. Il 10 dicembre 1990 è la Georgia a dichiarare illegale il voto osseta, sopprimendo anzi l'autonomia della Provincia. L'11 scorre a Tskhinvali il primo sangue. Il 12 il governo georgiano proclama lo stato d'emergenza, mandando milizia e polizia a disarmare i gruppi armati osseti. Il 5 gennaio l'ingresso di questi reparti a Tskhinvali accende formalmente il conflitto. Una prima tregua salta quando il 29 gennaio il presidente del Soviet Supremo Osseta Torez Kulumbegov si reca a Tblisi per negoziare, ma non appena arriva è arrestato per istigazione all'odio etnico. Verrà poi rilasciato nel dicembre del 1991, ma nel frattempo c'è stata un'escalation, con il blocco della Georgia agli osseti e i massacri commessi dagli osseti in vari villaggi georgiani. Risultato: almeno 80.000 profughi. Nel febbraio del 1992 truppe russe cominciano a intervenire al fianco degli osseti. Ma già il 6 gennaio 1992 il presidente georgiano Zviad Gamsakhurdia è rovesciato da un golpe-insurrezione pure appoggiato da Mosca, e al suo posto è andato Eduard Shevardnadze, l'ex-ministro degli Esteri dell'Urss di Gorbaciov. Il 24 giugno 1992 Shevardnadze e Eltsin concordano un cessate il fuoco che congela la situazione: dopo 3000 morti, l'Ossezia del Sud e l'altra regione ribelle dell'Abkhazia restano in un limbo di indipendenza di fatto, non riconosciuta da nessuno. Il 14 luglio inizia a funzionare una commissione mista per il controllo dell'armistizio, con pattuglie miste di georgiani, russi e osseti. Il 30 ottobre 1995 i governi georgiano e sud-osseta si accordano per un negoziato, sotto la mediazione di Russia e Ocse. E nel maggio 1996 Shevardnadze firma con il presidente sud-osseta Ludwig Chibirov un memorandum sul modo di provvedere sicurezza e mutua fiducia.


Malgrado la "mutua fiducia", però, i rifugiati non tornano se non in minima parte, anche per le difficili condizioni economiche. E d'altra parte i conflitti irrisolti in Cecenia e tra Armenia e Azerbaigian trasformano tutta l'aria in una polveriera, creando un clima di instabilità in cui si inseriscono le mafie, trasformando l'Ossezia del Nord in una loro roccaforte da cui partono traffici di ogni sorta, proprio profittando dello status incerto dell'Ossezia del Sud. La stessa Ossezia del Nord è colpita dalla vendetta del terrorismo ceceno, con la strage di Beslan. Nel novembe del 2003 il malcontento del nazionalismo georgiano è una delle componenti di quella Rivoluzione delle Rose che fa saltare Shevardnadze. Contro il nuovo presidente Mikheil Saakashvili, con la sua linea filo-occidentale, i russi appoggiano la rivolta del governo autonomo dell'Ajaria: regione di quella minoranza di georgiani che invece che la religione ortodossa seguono quella islamica. Ma nel maggio manovre militari georgiane combinate a manifestazioni dell'opposizione ajara provocano la caduta del presidente ajaro Aslan Abashidze, che si proclama fedele a Shevardnadze, ma che è costretto a sua volta all'esilio.


È appunto questo successo che incoraggia Saakashvili ad andare avanti sui suoi programmi di "riunificazione nazionale". All'inizio in modo pacifico, con l'offerta a Ossezia del Sud e Abkhazia di aiuti umanitari, "un'autonomia su standard europei" e un'ampia amnistia. Ma presto le opposte forze armate iniziano a fronteggiarsi col fucile alla mano, a minacciarsi, a prendere prigionieri, a spararsi addosso. Varie centinaia di "volontari" russi, principalmente cosacchi e nord-osseti, iniziano ad affluire per "difendere" l'Ossezia del Sud. Già nell'agosto del 2004 gli scontri provocano la morte di 16 georgiani e di "varie decine" di russi e osseti. Un ultimo accordo di "smilitarizzazione" tra le parti è firmato con la mediazione russa il 5 novembre 2004. Ma il 6 dicembre 2005 l'Ocse dichiara il suo appoggio al piano di Saakashvili per la reintegrazione di Abkhazia e Ossezia del Sud nella Georgia, dando spunto allo stesso Saakashvili per dichiare ormai "concluso" il ruolo russo di mediazione e peace-keeping. Il 3 settembre 2006 truppe sud-ossete aprono il fuoco contro un elicottero che trasporta il ministro della Difesa e il capo di Stato maggiore georgiani. Il 31 ottobre del 2006 la polizia sud-osseta afferma di aver ucciso un gruppo di 4 "terroristi" ceceni al servizio della Georgia, accusati di voler compiere attentati nel giorno del referendum sull'indipendenza del 12 novembre. Tblisi smentisce, ma lo stesso giorno del voto giorno in cui nelle aree ossete sotto controllo georgiano è eletto un governo filo-Tblisi sotto la presidenza di Dmitry Sanakoyev, alternativo a quello indipendentista di Eduard Kokoity: un sempre più evidente tentativo di ripetere la mossa ajara. Il 10 maggio 2007 Sanakoyev è nominato da Saakashvili alla testa della nuova "Entità Amministrativa Provvisoria Sud Osseta": decisione cui segue lo stabilimento di una Commissione che studia il nuovo status della regione, mentre inizia nelle aree ossete sotto controllo georgiano una politica di massicci investimenti.


Il 7 agosto 2007, un anno fa esatto, un missile cade su un villaggio georgiano, senza esplodere: Tblisi accusa due caccia russi, che avrebbero mirato a un'installazione radar. La Nato conferma l'accusa, che Mosca respinge. Tra il 14 e il 15 giugno 2008 sud-osseti e georgiani si sparano addosso, accusandosi a vicenda di aver iniziato e provocando un morto e 4 feriti. Il 3 luglio 2008 un ufficiale della polizia sud-osseta è ucciso in un bombardamento aereo. Il 4 luglio due miliziani osseti muoiono nell'attaco a un posto di polizia, seguito da un bombardamento che provoca un altrro morto, e che la Georgia dice di aver effettuato per difesa. Il 6 luglio 4 abkhazi muoiono e sei altri sono feriti dall'esplosione di una bomba di cui l'Abkhazia accusa i georgiani e i georgiani una provocazione russa. Il 7 luglio c'è un altro conflitto a fuoco. L'8 luglio quattro soldati georgiani sono presi prigionieri e poi liberati. Il 9 luglio i jet russi sorvolano l'Ossezia del Sud, provocando il richiamo dell'ambasciatore georgiano a Mosca, proprio mentre Condeleeza Rice è a Tblisi per appoggiare la richiesta georgiana di adesione alla Nato. Il 15 luglio sia gli Stati Uniti che la Russia iniziano manovre militari inb Caucaso. Il 19 luglio un posto di polizia georgiano è attaccato da abkhazi, con il risultato di un morto. Il 29 luglio Ossezia del Sud e Georgia si accusano a vicenda di attacchi. Tra il primo e il 2 agosto si acccende una battaglia che provoca sei morti e 21 feriti, e che è seguita da altri scontri sporadici durati fino al 6. Il 7 un bombardamento dell'artiglieria georgiana provoca 4 morti. Dopo un effimero cessate il fuoco, l'8 agosto si scatena l'assalto georgiano "per restaurare l'ordine costituzionale nell'intera regione". Ma i georgiani oltre ai sud-osseti si trovano di fronte anche le forze di peace-keeping russe, accendendo una battaglia che provoca ormai oltre 1400 morti.
L'Occidentale 9 Agosto 2008

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