giovedì 21 agosto 2008

Il ritorno della Russia


La questione georgiana è andata molto al di là del problema posto dal colpo di mano tentato dal governo di Saakashvili in Ossezia del Sud. E' apparso evidente che il premier russo, Vladimir Putin, ha voluto porre un cuneo tra Unione Europea e Stati Uniti. La politica di inclusione dei paesi post-sovietici nell'Unione Europea era andata parallela alla loro inclusione nella Nato. Agli occhi dei paesi dell'Est europeo l'una cosa e l'altra sembravano filare di perfetto accordo. Ora l'armonia si è dissolta perché i due sistemi, quello americano e quello europeo, hanno parlato diversi linguaggi, pur non avendo nessuno dei due la potenza di cambiare i fatti sul terreno.


L'Unione Europea ha potuto avere la parte più facile, cioè quella di proporre al governo di Tbilisi le condizioni russe; e, sul piano formale, sia il presidente russo Medvedev che quello georgiano le hanno recepite. Ma l'attacco russo in terra georgiana non è finito con la firma, da parte dei due presidenti, dell'accordo negoziato da Sarkozy. L'armata russa ha mantenuto la sua presenza in Georgia, trattandola come un paese occupato e riservandosi il diritto di saccheggio ed espulsione degli abitanti. Non è prevalsa la logica della difesa dell'Ossezia, ma quella della punizione del governo georgiano e del suo popolo, mostrando che le colpe dell'esecutivo, agli occhi di Mosca, diventavano sciagura per tutto il popolo. E' stata la prova dei fatti, con una durezza mai vista prima che ha avuto per oggetto soprattutto civili. E l'esercito georgiano non ha nemmeno combattuto: è stato sopraffatto fin dall'inizio. Così la Russia ha dimostrato il suo potere di annettere la Georgia al suo territorio trattando il popolo georgiano come un suddito ribelle.

E' apparso così chiaro che c'erano due gestori della crisi in campo russo: uno il presidente Dmitry Medvedev, che firma gli accordi con il presidente francese e riceve il segretario di Stato americano, l'altro il premier Vladimir Putin, che si muove su un piano parallelo. Il primo offre all'Unione Europea la possibilità di siglare un accordo che ratifica un diritto all'intervento russo, assicurando però lo sgombero delle truppe di occupazione. Il secondo permette di fatto all'armata russa di permanere nel territorio georgiano distruggendo strade e ponti. Il diritto formale vale per l'Unione Europea, l'occupazione reale per gli Stati Uniti. Putin ha scelto bene il suo tempo, proprio mentre gli Stati Uniti conoscono il declino della presidenza Bush e la campagna elettorale per il nuovo presidente si svolge su ben altri temi. Il fatto russo può anche incidere sul risultato elettorale. E si delinea la minaccia di portare nella enclave di Kaliningrad le testate nucleari russe: lì erano nei tempi sovietici.


Uno scenario da guerra fredda. La storia è tornata indietro quando il passato sembrava definitivamente superato. Ci vorrà del tempo prima che l'Occidente capisca di dover tornare Occidente e anche i limiti del suo poterlo fare. La Russia è tornata Russia, nazione che ha in sé il concetto di impero, non cancellato dalla fine del sistema sovietico. Ciò non significa che le cose tornino come prima: la potenza tecnologica occidentale non ha confronti con quella russa, ma il problema di definire i rapporti tra Usa, Ue e la Russia di Putin è ora riaperto e l'unità di interessi tra Europa e Stati Uniti non è chiara come anche non è chiara la differenza tra l'Europa dell'Ovest e quella dell'Est. Sicuramente il quadro politico europeo è mutato e ciò sfida l'Occidente nel suo insieme.


Gianni Baget Bozzo

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