domenica 31 agosto 2008

L'Orso e l'Aquila


Quarant'anni fa i carri armati russi facevano il loro ingresso a Praga per reprimere una volta per tutte l'intrepido tentativo della classe politica e del popolo cecoslovacchi di introdurre alcune riforme democratiche in uno dei sistemi più immobilizzati di tutta la compagine sovietica. Il movimento riformatore durò da gennaio ad agosto, quindi fu bruscamente interrotto dall'intervento delle truppe del Patto di Varsavia. Questa fase venne poi chiamata «Primavera di Praga». I carri armati russi restarono a presidiare la Cecoslovacchia per 23 anni.


Quella del 2008 era attesa come un'estate olimpica di ordinario entusiasmo. Non è stato così. Forse in futuro verrà ricordata come «Estate georgiana» o forse si dirà semplicemente che in questa stagione l'Orso russo si è risvegliato e ha voluto mettere in chiaro che non gradisce più veder svolazzare l'Aquila americana troppo vicino alla sua tana. Sembra una favola d'Esopo, ma è la realtà che tutti i giorni ci si presenta al risveglio. Per la prima volta dopo l'invasione sovietica dell'Afghanistan, Mosca ha ufficialmente lanciato una campagna bellica contro uno Stato sovrano.


Le operazioni miliari russe contro la Georgia hanno aperto, di fatto, una nuova fase dell'era post-sovietica: l'obiettivo è quello di arrestare l'espansione della NATO verso est e di vendicare definitivamente le umiliazioni subite dall'impero in declino all'inizio degli anni '90. Questo conflitto è scoppiato otto mesi dopo la rielezione del presidente georgiano filo-occidentale Saakachvili, sei mesi dopo la dichiarazione di indipendenza della provincia serba del Kosovo (17 febbraio 2008) e quattro mesi dopo il summit NATO di Bucarest. Quest'ultimo viene ricordato per i profondi dissensi tra i paesi membri in merito all'avvicinamento all'Alleanza di Ucraina e Georgia, sponsorizzate dagli USA e ostacolate da Francia e Germania.


Dopo aver perso lo status di superpotenza, la Russia si è impegnata a riacquistare la sua influenza regionale, decidendo di riappropriarsi dei suoi interessi nella regione del Mar Nero: zona di altissima valenza simbolica e di pari importanza strategica. Dopo il crollo dell'URSS, al Cremlino è rimasto, infatti, il controllo di una striscia di territorio rivierasco che va dalla città di Sochi (sede già designata delle Olimpiadi invernali del 2014) al mare di Azov, di fronte all'Ucraina. Proprio in questo paese, a Sebastopoli, i russi hanno mantenuto le basi navali per la flotta del Mar Nero; l'accordo con l'Ucraina scadrà solo nel 2017, ma la mobilitazione della flotta contro la Georgia, negli scorsi giorni, ha provocato profondi dissapori tra gli esecutivi di Mosca e Kiev.


I conflitti «congelati» si sono d'un tratto infiammati e rischiano di incendiare la regione. Eppure, nel luglio 1997, durante il vertice NATO di Madrid, i rapporti tra l'Alleanza e la Russia sembravano essersi addolciti parecchio, tanto che era stato avviato un nuovo fondamentale capitolo nelle relazioni NATO-Russia, con la decisione di istituire un foro privilegiato per la cooperazione e la sicurezza tra l'Alleanza e l'ex-nemico: il Consiglio Permanente Congiunto NATO-Russia (PJC). Lavoro sprecato, a quanto pare. Durante la riunione della NATO del 19 agosto il segretario generale ha dichiarato che tra la Russia e l'Alleanza niente sarà più come prima, anche se il PJC non cesserà di esistere; eppure la marina russa ha già cancellato la propria partecipazione alle manovre congiunte nel Mar Baltico. Intanto, USA e Polonia hanno siglato l'accordo per installare una batteria di missili Interceptor sul suolo polacco e, in pochi mesi, lo stesso accordo sarà siglato con la Repubblica Ceca per il posizionamento di un radar di supporto.


Si ritorna a Praga dunque, quarant'anni dopo. Gli orsi non tollerano che altri animali si avvicinino troppo alla loro tana. Sembra una favola d'Esopo, ma è la realtà.


di Alessandra Poggi

Nessun commento: