mercoledì 21 maggio 2008

Europa, come è pericoloso essere concepiti

di Guglielmo Piombini

Il consumo di contraccettivi a livello industriale e l’aborto di massa danno la misura di quanto la società moderna si sia scristianizzata e allontanata dagli insegnamenti biblici. Nel libro della Genesi la prima cosa che Dio dice all’uomo e alla donna, dopo averli creati, è di avere figli: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra». La procreazione e la fertilità umana sono così centrali nella narrazione biblica, da formare le basi del patto di Dio con Israele: «La mia alleanza è con te e sarai padre di una moltitudine di popoli, e ti renderò fecondo, molto fecondo», dice Dio ad Abramo. Il Salmo 126 annuncia: «dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo». In generale l’Antico Testamento vede la mancanza di figli come la peggiore delle disgrazie e condanna duramente il sesso non procreativo, come nell’episodio di Onan.

Anche Gesù, nel Nuovo Testamento, dà prova di un atteggiamento assai raro nel mondo antico, elogiando lo spirito meraviglioso dei bambini: «Gli presentavano dei bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli li sgridavano. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio. In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso”. E prendendoli fra le braccia e imponendo loro le mani li benediceva».

Mentre la Bibbia non fa che celebrare la discendenza numerosa, la mentalità prevalente nell’attuale Occidente secolarizzato vede nei figli, più che una benedizione, un peso insopportabile da evitare con ogni mezzo. Questa visione avversa alla procreazione ha trovato una compiuta espressione nel libro della scrittrice francese Corinne Maier, No Kid. Quaranta ragioni per non avere figli (p. 148, € 13,50), appena pubblicato dalla casa editrice Bompiani sull’onda del successo di critica ricevuto all’estero, dove è stato adottato come manifesto dal child-free, il movimento di liberazione dai figli.

Gli argomenti contro i bambini della Maier, che oltretutto è madre “degenere” di due figli, rappresentano in realtà un perfetto distillato di quella “cultura della morte” infarcita di edonismo, materialismo e mathusianesimo che, nelle parole di Benedetto XVI, sta conducendo la civiltà europea al “congedo dalla storia”. La popolarità del libro della Maier spiega infatti, meglio di ogni indagine economica o sociologica, le ragioni culturali che stanno alla base della grave decadenza demografica della civiltà europea.
Agli inizi del Novecento l’Europa costituiva oltre il 20 per cento della popolazione mondiale, ma alla metà del XXI secolo si ridurrà a un misero 7 per cento. Le proiezioni demografiche sull’Europa dei prossimi decenni prospettano un futuro drammatico, nel quale pochissimi giovani europei in età produttiva e riproduttiva dovranno mantenere un numero esorbitante di anziani, e contemporaneamente vedersela con masse crescenti e bellicose di immigrati musulmani.

Anche coloro che non vedono la denatalità come un problema morale dovrebbero considerarla un’emergenza sociale, dato che non esiste problema che i paesi europei si trovino oggi ad affrontare (dalla bancarotta dello stato sociale alla stagnazione economica, dall’invecchiamento della società all’invasione immigratoria) che non abbia come causa l’immensa mancanza di giovani e di bambini. Tuttavia, invece di correre ai ripari, i responsabili culturali della catastrofe che si va materializzando davanti a noi continuano imperterriti a predicare e a diffondere l’ideologia antinatalista. Dato che l’Italia detiene quasi il record mondiale di denatalità, la pubblicazione di un libro in cui si esortano le donne italiane a non fare figli appare quindi, in primo luogo, come un’operazione di cattivo gusto.

In realtà vi sono molte analogie tra la mentalità antinatalista di oggi e quella dell’epoca precristiana. Per un bambino essere concepito nella Grecia o nella Roma classica era estremamente pericoloso, proprio come lo è oggi nell’Occidente secolarizzato e neopagano, dove l’aborto è diventato la prima causa di morte. In tutte le società antiche, infatti, l’abbandono dei neonati, l’infanticidio, l’aborto e perfino i sacrifici rituali di bambini (ad esempio tra i cananei e i cartaginesi) erano largamente diffusi. A causa di queste pratiche, le famiglie numerose erano molto rare nella società greco-romana. Intorno al 140 a.C. lo storico greco Polibio si lamentava che «nel nostro tempo tutta la Grecia ha conosciuto una scarsità di bambini e una generale decadenza della popolazione… perché la passione per gli spettacoli, per il denaro e per i piaceri di una vita oziosa ha pervertito i nostri uomini». Spesso le prime vittime della cultura antinatalista erano le bambine. Nell’antica Grecia era un fatto raro, persino tra le famiglie più ricche, allevare più di una figlia. Un’iscrizione del secondo secolo d.C trovata a Delfi rivela che, su un campione di seicento famiglie, solo una su cento aveva due figlie.

L’orientamento fortemente favorevole alla famiglia e ai figli degli ebrei e dei cristiani, invece, li distingueva nettamente dalle altre popolazioni antiche. Non a caso lo storico romano Tacito deprecava gli ebrei per la loro singolare opposizione all’infanticidio: «Tra di loro è un crimine uccidere un neonato, ed è strana la passione con cui propagano la loro razza».

I cristiani non solo avevano famiglie più numerose, ma spesso adottavano i bambini abbandonati. Anche grazie a questo vantaggio demografico a poco a poco i cristiani soppiantarono i pagani nell’impero romano. L’avvento di Gesù Cristo segnò dunque “il trionfo degli innocenti”, cioè dei bambini da sempre disprezzati, maltrattati, respinti o eliminati. Al contrario, il consenso di cui godono oggi le idee di Corinne Maier danno il segno dell’imbarbarimento in cui è precipitato l’Occidente moderno che ha voltato le spalle alla propria tradizione morale e religiosa.

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