martedì 13 maggio 2008

Hezbollah ha un nuovo (consapevole?) alleato: Barack Obama

di Barry Rubin

Mentre il Segretario di Stato americano dedica tutto il suo tempo all’infruttuoso dialogo tra israeliani e palestinesi, e gli Stati Uniti impazziscono per un candidato presidenziale la cui strategia in politica estera è quella di trattare con i dittatori, è in atto una nuova crisi che rende più potenti gli islamisti radicali e mina gli interessi dell’Occidente e dei suoi alleati.

La situazione di stallo in Libano si è infine sbloccata con la presa di Beirut da parte di Hezbollah e la disastrosa sconfitta del governo Siniora. Hezbollah in Libano sta utilizzando una strategia simile rispetto a quella adottata da Hamas a Gaza, anche se su scala ridotta, mentre il mondo resta a guardare. L’Iran e la Siria sostengono i loro amici con le armi; l’Occidente risponde con vuote parole. Chi può biasimare Hezbollah, Damasco e Tehran perché ridono alle nostre spalle? Perché i sunniti, i drusi e i cristiani del Libano dovrebbero rischiare la propria vita senza l’appoggio dell’Occidente? Ogni volta che un israeliano parla a vanvera di una Siria che vuole fare la pace con Israele; ogni volta che un americano chiede a Damasco di rompere l'alleanza con Tehran; ogni volta che un europeo predica l’appeasement, sta in realtà indebolendo il rapporto di fiducia con i libanesi.

Al momento, Hezbollah e i suoi finanziatori non cercano di conquistare il Libano; vogliono piuttosto ottenere il pieno controllo del governo attraverso la violenza e l’intimidazione. Incapaci di vincere attraverso mezzi propri, sperano di avere successo costringendo l’altra parte alla resa. Esigono potere di veto sulle decisioni dell’esecutivo per essere certi che quest’ultimo non faccia nulla che possa causar loro dispiacere: nessun legame forte con l’Occidente, nessuna possibilità di fermare la guerra contro Israele, nessun disarmo delle milizie di Hezbollah o tentativo di controllare il suo potere dispotico nel paese, e sicuramente nessuna commissione investigativa che sveli la partecipazione della Siria alle azioni terroristiche locali.

Ora Hezbollah ha un nuovo alleato: il Senatore Barack Obama, il quale però non comprende pienamente il danno che sta causando. Il suo discorso sul Libano del 10 maggio sembra apparire deciso a condannare “il potere di Hezbollah che vuole prendere Beirut”. “Il tentativo di compromettere il governo libanese democraticamente eletto deve cessare subito”, ha proseguito Obama, “e tutti coloro che hanno legami con Hezbollah devono dimettersi immediatamente”. Il Senatore dichiara di appoggiare il governo ufficiale del Libano, sostiene che si debba “rafforzare l’esercito libanese” e “insistere nel disarmo di Hezbollah”. Ma come? “Lavorando attraverso le istituzioni internazionali ed il settore privato per ricostruire il Libano, e rimetterne in piedi l’economia”. Secondo la concezione del mondo di Obama è quindi tutta una questione di sviluppo; ciò che tuttavia non riesce a comprendere è che sono le bombe a portare affari. Il Primo Ministro Rafiq Hariri stava seguendo esattamente questa strategia economica, ma la Siria lo ha fatto saltare in aria. L’unico modo per garantire la pace sociale è di conseguenza l'appeasement nei confronti di Hezbollah, Siria e Iran, poiché sono le loro interferenze violente a bloccare la prosperità.

Il discorso di Obama proseguiva così: “Dobbiamo appoggiare la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che rafforza la sovranità del Libano, in particolar modo la Risoluzione 1701 che vieta il rifornimento di armi a Hezbollah, violata palesemente da Iran e Siria”. Grandioso. Ma la 1701 è già fallita, non credete? Come si fa allora a mobilitare la passiva “comunità internazionale”? Minacciando l’Iran, la Siria ed Hezbollah con rappresaglie credibili e durissime? Non c’è nessuna proposta a riguardo. Per quanto concerne invece l’esercito in Libano, il suo comandante è il candidato presidenziale siriano, i suoi soldati sono prevalentemente a favore di Hezbollah e l’equipaggiamento in dotazione fornito dagli americani è rimasto inutilizzato mentre Hezbollah prendeva possesso di larghe porzioni di territorio.

Ora tuttavia veniamo alla parte peggiore, che tutti in Libano comprendono ma pochi in America ammettono. Obama scrive: “E' ora di impegnarsi in uno sforzo diplomatico per costruire un nuovo consenso in Libano che possa condurre a riforme elettorali valide, che ponga fine al sistema di corruzione e nepotismo nel paese, e contribuisca a sviluppare un’economia che distribuisca equamente servizi, opportunità e lavoro”. Questo è esattamente il programma di Hezbollah: un nuovo consenso che ottenga il 51% del potere per sé e per i suoi alleati filosiriani. Ciò di cui il Libano ha bisogno non è il consenso (che sarebbe equivalente ad una cooperazione tra Fatah e Hamas, o ad un Iraq alleato con Iran e Siria), ma la vittoria in un conflitto. Invece Obama - non so quanto consapevolmente - sta sostenendo un Libano dominato da Siria, Iran e dHezbollah. Tutto questo getta gli arabi moderati nella disperazione. Il progetto è coerente: quando Obama afferma che la Siria e l’Iran dovranno essere attivamente coinvolti nel futuro dell’Iraq, il segnale che manda ad ogni regime del Golfo Persico è quello che scenderà a patti con l’Iran. Ogni volta che le sue posizioni convincono Hamas della sua morbidezza, ogni volta che Iran e Siria realizzano che basterà solo aspettare pazientemente ancora qualche mese perché la pressione su di loro si alleggerisca, la posizione statunitense in Medio Oriente viene sistematicamente indebolita.

Paradossalmente, tutto questo non rende Barack Obama il candidato preferito dagli arabi in generale, ma solo dai radicali. Gli egiziani, i giordani, gli arabi del Golfo sono preoccupati così come è preoccupata la maggioranza della popolazione in Libano e Iraq. La questione non riguarda soltanto Israele; riguarda tutti i non estremisti della regione. Se i dittatori e i terroristi se la ridono, significa che tutti gli altri stanno piangendo. I regimi di Siria e Iran sanno che non devono avere timore di nulla, per quanto ora camminino nella valle di lacrime delle sanzioni: ci sono infatti fin troppe persone disposte a consolarli. Con la Libia a capo della Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, le forze UNIFIL terrorizzate e ridotte alla passività da Hezbollah, l’Occidente tremante che rinnega la libertà di stampa per non offendere qualche musulmano, perché i cattivi dovrebbero preoccuparsi?

Ma l’Occidente non deve recitare la parte dello sciocco. Ora è il momento di agire in Libano per contenere la Siria e l’Iran, rafforzando il potere del governo libanese e di tutti quegli arabi e quegli iracheni che non vogliono vivere sotto un califfato islamico. La battaglia non si è ancora conclusa; e questo significa che abbiamo tutte le ragioni per proseguire con le ostilità - e non solo a parole. Continuando a discutere, scendendo a compromessi ed avallando improbabili progetti economici alla fine la guerra sarà persa. A tutti gli occidentali ai quali non piace Israele, dico almeno di cercare di aiutare coloro per i quali provano simpatia. Sosteniamo il governo libanese e tutte quelle forze che - apertamente o in maniera indiretta - combattono le forze radicali in Libano.

Traduzione di Alia K. Nardini

Barry Rubin è direttore del Global Research in International Affairs (GLORIA) ed editore del Middle East Review of International Affairs (MERIA). I suoi libri più recenti sono “The Truth About Syria” (Palgrave-Macmillan) e “The Long War for Freedom: The Arab Struggle for Democracy in the Middle East” (Wiley).

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