sabato 10 maggio 2008

Tutta l'Europa gira a destra

di Gianni Baget Bozzo - 10 maggio 2008.

L'unico governo dell'Europa occidentale che è rimasto a sinistra è il governo di Josè Luis Rodriguez Zapatero. Ma lo è perché il Partito Popolare non è post-democristiano, ma post-franchista. Altrove la forza propulsiva della sinistra sta perdendo quota. Le elezioni italiane, in un paese in cui la grande narrazione della sinistra aveva dominato non solo la politica ma anche la cultura, lo rendono evidente. La narrazione della sinistra è tutta interna alla storia dell'Occidente: la sinistra si è pensata come il soggetto della storia mondiale chiamato a redimere il capitalismo dalle sue colpe originarie. E' proprio a causa di questo limite di storia interna all'Europa - e all'Europa occidentale - che il socialismo come orizzonte ha perso senso e ormai ha ceduto tutta la sua capacità di valere come orizzonte morale.

Invece, in Europa occidentale, subentra una paura, nata dalla coscienza che il mondo euro-americano non è più il centro del mondo e che esso si avvia a diventare una periferia di fronte all'emergere del «modo di produzione asiatico» in Cina - ormai in termini diversi da quello che pensava Marx - o della capacità di creatività tecnologica della cultura che inventò lo zero in matematica, l'India. E poi il Vietnam, l'Indonesia. E poi il grande mare verde, l'oceano islamico, da Casablanca a Giakarta. Attraverso l'India, in cui esiste, in un regime democratico a predominanza induista, la maggior comunità islamica del mondo in uno Stato. E poi l'America latina, dove il Brasile scopre l'etanolo e diviene una grande potenza economica, mentre l'orizzonte politico sta tra il centro e la sinistra, sempre con accenti anti-yankee. Anche l'America non è più la stessa, se Barack Obama esprime il fascino della ricerca di un destino diverso da quello che la politica dei due partiti dominanti e delle loro dinastie, Clinton e Bush, aveva offerto sinora.

Dov'è l'Europa occidentale in questo grande mondo che cambia? E poi la Russia di Putin alleato o nemico: l'ortocrazia serve a difendere lo spazio russo dall'immigrazione cinese e a mantenere un'influenza nel Caucaso e nei paesi turcofoni? Oppure Putin, non essendo democratico in senso occidentale, non è più nemmeno pensabile come amico di fronte ai medesimi nemici, potenziali o attuali? E poi la sfida ecologica, importante nell'opinione pubblica mondiale: se Al Gore sarà il decisore della scelta tra Hilary ed Obama. E se il patriarca di Costaninopoli, Bartolomeo I, che in Turchia è il parroco del Fanar e non il patriarca ecumenico, viene preferito a Benedetto XVI nell'elenco delle cento persone più influenti nel mondo. Poi vi è l'incertezza sul fatto che le istituzioni possano controllare gli strumenti prodotti dall'informatica: il timore è che essi possano sfuggire al controllo dell'uomo creando realtà superintelligenti oltre la ragione umana ma senza cuore umano.

Il mondo diviene una realtà in tutte le nazioni, in tutte le politiche. Si incrocia con le politiche locali e finisce per condizionarle. L'orizzonte dell'uomo di oggi non riesce più ad essere nazionale, ma diviene inevitabilmente mondiale: il problema della futura civiltà si dispone con un interrogativo non risolto sulle scelte immediate che stanno dinanzi a cittadini ed elettori e condizionano i governi che essi eleggono. E' questo sentimento mondiale che porta l'Europa fuori dalla narrazione del secolo scorso, che la sinistra esprime ancora come orizzonte morale. E' per questo bisogno di rassicurazione sul fatto che l'Europa rimanga Europa che gli europei si rivolgono ai governi di destra: perché non hanno miti e non hanno soluzioni, sono più simili ai cittadini che li votano.

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