martedì 13 maggio 2008

Un secolo contro Dio

Ernesto GALLI DELLA LOGGIA
tratto da: Corriere della Sera, 14.5.2000


Ancora una volta nel corso di questo pontificato l'involucro del nuovo per antonomasia, la televisione, è stato chiamato a dare eco subitanea, smisurata e universale, alle profondità di quanto è di più antico. In onda da Fatima, sui teleschermi del mondo, infatti, ha ieri preso forma e vita, c'è stata restituita nelle parole del cardinale Sodano e in un gesto muto del Papa, la dimensione per noi quasi perduta della profezia, cioè di uno dei nuclei più misteriosi e arcaici di ogni prospettiva religiosa.La profezia svolge per l'uomo di fede il compito che l'utopia si è riservata nell'ambito del mondo laico, ma con ben altra forza emotiva. E' l'evocazione di una verità "altra", un disvelamento più o meno indiretto di ciò che è stato, sarà o potrebbe essere, è una spiegazione del mondo e un invito a cambiarlo, come è anche l'utopia. Ma con una differenza essenziale: mentre questa è opera di dotti, al profezia invece si affida per lo più alla voce flebile ma alta e straziante degli ultimi, degli innocenti, dei reietti.C'è qualcos'altro che vale a definire, pur in una forte assonanza, una sostanziale diversità tra le due, ed è che mentre l'utopia colta dei laici inevitabilmente è sempre l'annuncio del bene, vuole esserlo e in ciò pone il suo senso e il suo valore, la profezia invece comprende anche l'annuncio del Male. E' la profezia del Regno ma insieme anche la profezia dell'Anticristo. E la rappresentazione - quanto più vera dunque e drammaticamente umana - dell'agone in cui è iscritta la nostra esistenza.Quello che ieri c'è stato svelato come il terzo segreto di Fatima è riassumibile precisamente nella lotta tra la Profezia religiosa e l'Utopia dei colti che ha avuto come teatro la storia del Novecento. Come del resto già in parte si sapeva, tutte le rivelazioni dei tre pastorelli portoghesi che nel 1917 dissero di avere incontrato "la Signora", riguardano infatti le vicende di questo secolo, e la "lotta dei sistemi atei" contro il popolo cristiano e i suoi pastori.Chi vorrà negare, oggi, che quella lotta ci sia effettivamente stata? E che a condurla con crudeltà smisurata sia stata innanzi tutto l'utopia comunista? Non bastassero le migliaia e migliaia di morti disseminate da Varsavia ad Hanoi, ne è testimonianza del resto la stessa persona di Giovanni Paolo II, vittima, 19 anni fa, di un attentato quasi certamente organizzato da uno di quei regimi.Ma non è solo il comunismo, a me pare, che viene oggi chiamato a rispondere. In realtà, in ogni progetto di ateismo militante, in ogni utopia pan-umanistica, si è annidata una potenzialità persecutoria e alla fine inevitabilmente omicida. Fino a prova contraria, a concepire un Messico senza Dio, e a dare una caccia spietata ai sacerdoti cattolici e ai contadini cristeros, non sono stati certo i comunisti, bensì dei borghesi dall'immacolato pedigree liberal-massonico.Così come atei militanti, addirittura adoratori pagani della divinità del sangue, sono stati anche i nazisti. Non per un cieco riflesso di "politicamente corretto", ma solo per debito di verità a noi piace pensare che "l'interminabile Via Crucis", di cui ieri ha detto il cardinal Sodano, sia toccata nell'Europa del Novecento agli uomini e alle donne di molte fedi nel Dio unico, a cominciare dalla più antica di esse, quella nel Dio di Abramo.Nei Paesi dell'Europa cristiana, dopo duemila anni di cristianesimo, il secolo alle nostre spalle ha assistito al più spaventoso, ampio e multiforme attacco ai fondamenti morali del monoteismo che sono anche i nostri. E questo il vero e proprio buco nero entro il quale la nostra coscienza storica è obbligata dalla profezia di Fatima a fissare oggi lo sguardo.

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